Ad un anno dalla scomparsa di Magda Olivero, amica indimenticabile ed indimenticata
(Salvatore Aiello)
Magda Oliveiro e Salvatore Aiello
Un anno fa, l’8 settembre, ciò che temevamo, inevitabilmente, è successo con nostro grande dolore perché chi avevamo amato non aveva né tempo né età ( era nata nel 1910). La notizia d’averci lasciato, è stata assai dolorosa, un sentire che con lei andava via una parte della nostra storia personale ma soprattutto della vita teatrale del ‘900 di cui è stata una insuperata protagonista di rara intelligenza e soprattutto emblema di totale dedizione all’Arte cui aveva consacrato tutta la sua esistenza, sentendo il peso di una grande responsabilità e il rispetto per i sommi autori di cui si definì sempre “l’umile ancella”.
Chi scrive ha avuto la gioia di averla conosciuta sin dal 1958 e di averne seguito, con incondizionata ammirazione, momenti salienti della sua fulgida carriera che non ha conosciuto crepuscolo per quella ferrea e tenace conquista della tecnica vocale, ma soprattutto per quell’abitare i personaggi che prendevano linfa dalla sua fervida immaginazione e dal profondo sentire. Ai suoi personaggi infondeva una caratura e statura particolare irrorata e sostanziata dalla memoria del suo cuore di donna a servizio sempre della Musica. Chi ha frequentato il teatro d’opera del ‘900 anche se si è imbattuto in cantanti,anche celebri, si è reso conto che la Olivero apparteneva ad una civiltà del tutto diversa. Una testimonianza della sua grande personalità ce la offre Philippe Godefroid che nel suo volume “Divines e divas”, la colloca al primo posto su tutte le cantatrici di ogni tempo definendola “ La plus grande actrice lyrique du siecle” esaltandone la dizione, il gesto, i colori, la raffinata messa di voce, l’ammirabile controllo del fiato, l’emissione fuori dal comune, qualità queste che ne fanno una figura leggendaria. Il mio approccio con la sua arte, al Massimo di Palermo dove fu acclamatissima dagli anni ’40 agli anni ’70 regalando emozioni e serate irripetibili, avvenne con Liù di Turandot accanto ad un Calaf dì eccezione quale Franco Corelli e a seguire Violetta della Traviata e Adriana Lecouvreur diretta da Serafin; nel ’62 consegnò il ritratto splendido di Minnie della Fanciulla del West con Del Monaco Johnson e lo Sceriffo Guelfi. Quello stesso anno segnò il mio primo ingresso all’Arena di Verona dove la trovai protagonista di una memorabile Tosca con Di Stefano e Gobbi diretti da De Fabritiis. Tornò nel ’64 al Massimo con I dialoghi delle Carmelitane di Poulenc vestendo i panni dell’allucinata Suor Maria del Carmelo e avendo compagne la Carteri, la Frazzoni, la Barbato, la Ratti, direttore Fournet. Nel 1966, sempre sulla nostra ribalta, fu una memorabile Iris, mentre nel ’67 interpretò Le sette canzoni di Malipiero sotto la direzione di Ottavio Ziino.
Nel 1986, in qualità di presidente dell’Associazione Ester Mazzoleni, fui orgoglioso di attribuirle la prima edizione del Premio “Una vita per la Lirica”, sotto una pioggia di garofani, omaggio da parte di tanti giovani entusiasti e commossi. Per le particolari doti di acuta e dotta conferenziera fu ospite dell’Associazione nel ’90 intrattenendo il pubblico palermitano su Minnie della Fanciulla e Katiusha di Resurrezione, due personaggi particolarmente frequentemente presenti nella sua parabola artistica. Tornò poi nel ’92, per l’omaggio a Lauri Volpi e a Del Monaco suoi strepitosi colleghi; nel ’96 tenne una conversazione affascinante per la ricerca e per la ricchezza di argomenti su Adriana Lecouvreur, splendore e morte di una tragedienne. Ancora per un altro nostro riconoscimento nel ’98 giunse a Palermo per ricevere, con Shirley Verrett, la Rosa d’argento. Nel 1999, in qualità di docente, diede avvio, per la Ester Mazzoleni, al Primo corso di perfezionamento di tecnica vocale ed interpretazione seguito da giovani artisti provenienti da diverse nazionalità, ripetuto poi nel 2001 e nel 2002. Durante i seminari volle regalarci, a 91 anni, la sua interpretazione del quarto atto di Bohème il cui nastro è conservato gelosamente quale documento straordinario della sua longevità canora ed interpretativa. Nel 2001 le fu affidato il ricordo di Gina Cigna ed Enrico Caruso. Pur avendo lasciato il Teatro nel 1981, dopo un cinquantennio, fummo testimoni, nel 1987 al Premio Cilea, a Reggio Calabria, di una sua magistrale interpretazione del Sogno di Tosti e di Adieu notre petite table dalla Manon di Massenet accompagnata da Rolando Nicolosi. Ancora una sorpresa la sua partecipazione, nel 1991, al Rosetum di Milano, diede un’ulteriore prova del suo straordinario magistero, impegnandosi nell’esecuzione di brani religiosi dove profuse le doti di sentita religiosità e versatilità. Sulla sua arte e sul suo canto sono state scritte pagine da parte di studiosi di tutto il mondo soprattutto allorché apparve nel 1975 sulle scene del Metropolitan portandovi Tosca e ritornandovi nel 1979, accanto a Pavarotti, in un tour che da Cleveland, attraverso Boston, giungeva a Detroit. La sua carriera, pur se con un’interruzione decennale, fu tra le più lunghe; il suo repertorio prediligeva, in maniera particolare, compositori ed opere del ‘900. Se questo, per sommi capi, è il profilo di Magda Olivero, cantante ed attrice anche tragica, dal timbro personale e dalla prodigiosa tecnica che le consentiva filati e pianissimi di eccezionale tenuta e dal temperamento che toccava vertici espressivi impensabili, il ricordo della donna per me è fonte di grande rimpianto: mi ha conquistato per il rispetto del pubblico, per il suo stile sobrio, asciutto ed elegante, per il suo sguardo illuminante e penetrante di vivida partecipazione, per il suo controllo in qualsiasi difficoltà, per i suoi modi gentili e signorili, per la cultura che spaziava ricca dei suoi vari interessi. Ebbi l’onore di essere suo ospite in Solda ove vissi giornate indimenticabili a contatto di quelle vette innevate sfondo per il suo studio della Wally; lì venne fuori, irrefrenabile, il suo amore totale per la montagna, per il creato, per i fragili incantevoli rododendri, per le belle passeggiate, anche su sentieri impervi che tonificavano il suo corpo e la sua anima. Tutte le volte che lasciava Milano non mi faceva mancare mai la sua presenza con cartoline o lettere che negli tempo hanno cementato la nostra amicizia e il nostro grande affetto.Gli ultimi anni, nonostante un cervello ancora allo zenit, furono funestati dalla progressiva cecità che ne fiaccò la volontà e l’intraprendenza. Sorvolando su fatti privati che qui non è il caso riportare, mi fu concesso di visitarla ultimamente nell’estate del 2012. L’incontro fu suggellato con una foto che documenta un momento unico: volle che io posassi con lei e il suo costume di Adriana, la creatura di Cilea indissolubilmente amata. Giorni fa mi sono recato al Monumentale di Milano per renderle omaggio, rendendomi tristemente conto che essa, purtroppo, giace in un loculo oscuro e difficilmente da individuare. Avrei preferito senz’altro che riposasse nell’elegante tomba di famiglia a Rapallo, accanto al marito, ma altri, sopraggiunti, hanno deciso diversamente.Grazie Magda per tutto quello che ci hai donato lasciandoci comprendere, come mi hai scritto, che per raggiungere traguardi altissimi bisogna faticare, sudare, soffrire per potere essere, in qualche modo, degni di ciò che i geni hanno scritto per non tradirli mai.