LA PRIMA GUERRA MONDIALE VISTA DAGLI SCRITTORI
(Gabriella Maggio)
Valmorbia
Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
fioriti nuvoli di piante agli àsoli.
Nasceva in noi, volti dal cieco caso,
oblio del mondo.
Tacevano gli spari, nel grembo solitario
non dava suono che il Leno roco.
Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco
lacrimava nell’aria.
Le notti chiare erano tutte un’alba
e portavano volpi alla mia grotta.
Valmorbia, un nome e ora nella scialba
memoria, terra dove non annotta.
Eugenio Montale
Il reparto cui venne assegnato Eugenio Montale si trovava sotto il monte Corno: «in basso c’era un fiume, il Leno; – ricorda il poeta nell’intervista a Manlio Cancogni – la valle si chiamava Valmorbia, noi però si stava a mezza costa, fra le rocce, perché il fondo era inabitabile, vi si rovesciava un po’ di tutto, rocce, sassi, fango, schegge, bombe, cadaveri, muli». Nell’elaborata poesia giovanile degli Ossi di seppia il poeta ricorda non i fatti sanguinosi del conflitto o la quotidianità della vita di trincea, ma il cieco caso che guida la vita dei combattenti, il paesaggio rappresentato dalle piante che si muovevano al soffio leggero del vento (asoli)il silenzio spezzato soltanto dallo scorrere del fiume e i razzi illuminanti. Asoli e aria che disperde i fumi dei razzi ripropongono il tema della fragilità della vita. Resta ben chiaro nella debole memoria montaliana il nome del luogo, che però ha il potere di far affiorare soltanto dei particolari, non l’intera esperienza della guerra