EPICA E QUOTIDIANITÁ
(Irina Tuzzolino)
Aiace e Achille giocano a scacchi-vaso di Exechias
Quando si parla di epica (dal greco ἔπος «parola, verso esametro»; al plur. ἔπη «canto epico», dizionario Treccani) affiorano i ricordi scolastici dei poemi omerici, dell’Eneide di Virgilio, della Chanҫon de Roland. Tutti testi che fissano un paradigma di valori collettivi per il periodo storico in cui vengono elaborati, ma anche per tutte le epoche che in esso si potranno o si vorranno riconoscere. Eppure oggi, sebbene i sistemi di riferimento collettivo vadano perdendo significato e cedano sempre di più il posto a quelli individuali, sembra che l’epica continui a fiorire non più come carta d’identità di un popolo, ma di un individuo. All’epica collettiva si è sostituita quella individuale, il racconto di sé più o meno abilmente costruito, più o meno seduttivo. Quante volte raccontiamo o ascoltiamo racconti strettamente legati alle nostre esperienze in vacanza o al centro commerciale o sul posto di lavoro.
L’orizzonte di riferimento di queste narrazioni non è il passato assoluto, né il futuro della posterità, ma la linea orizzontale dell’eterno presente. Ad esse affidiamo il ritratto di noi che ci sembra più soddisfacente e, dandogli fede di autenticità, nel momento in cui lo traduciamo in un linguaggio, non ci rendiamo conto che abbiamo mescolato verità e immaginazione e che quel profilo che abbiamo tracciato non coincide con quello che in realtà siamo. Cerchiamo di essere unici, diversi dagli altri trascinati dal divismo di massa che ci rende tutti eroi, proprio quando ormai nessuno lo è. La nostra avventura in autostrada non è paragonabile all’incontro tra Ulisse ed il Ciclope, sebbene raccontata con enfasi sincera e sapiente uso di parole quali : tremendo, pazzesco, catastrofico etc. L’idea di uguaglianza ormai si è ristretta soltanto ai diritti, per il resto vogliamo distinguerci, è la nostra piccola sfida all’omologazione ineludibile. Ma la continua narrazione di noi ci impedisce di ascoltare gli altri, di creare storie condivise da una collettività. E questo sembra un’ulteriore differenza con l’epica. Ma in fondo queste nostre narrazioni rispecchiano l’epica nella misura in cui sono assolute, cioè sciolte da qualsiasi interazione critica. Diciamo infatti : le cose sono andate così, punto!