SETTECENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI DANTE ALIGHIERI
( Gabriella Maggio)
Tra maggio e giugno ricorre il settecentocinquantesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri . Non sappiamo il giorno preciso, ma, come lui stesso dice nel canto XXII ( vv.112-117) del Paradiso, è nato sotto la costellazione dei gemelli:
O gloriose stelle, o lume pregno
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
Dall’Unità d’Italia Dante è entrato nel canone scolastico e vi è rimasto in ogni curricolo di studi medi superiori . Non vi è quindi studente che non ne abbia letto qualche verso e che non citi l’incipit della Divina Commedia : Nel mezzo del cammin di nostra vita…Anch’io ho cominciato a leggere Dante al liceo. Il primo incontro non fu brillante, ma è servito a farmi trovare un approccio metodologico personale all’opera del Poeta. Di pagina in pagina sono arrivata ai saggi critici italiani e stranieri. Dalla poesia del testo sono stata avviata alla complessa rielaborazione dantesca della cultura medievale, latina e mediolatina. Le celebrazioni dell’anniversario hanno avuto inizio al Senato della Repubblica con Roberto Benigni e la sua ormai collaudata tirata attualizzante, ricca di ammiccamenti e ironie pseudo dantesche. Oggi i più amano queste performance, dal facile ed accattivante sorriso. Non me ne stupisco se considero la fortuna ( come citano i manuali classici della Letteratura Italiana) cioè interpretazioni e quantità di lettori di Dante nel tempo dal ‘300 ad oggi.
Ma come lettrice del Poeta, credo che questo birignao benigniano sia piuttosto una forzatura del testo e inadatto ad entrare nel mondo di Dante. L’occhio con cui Dante guarda il mondo non è socchiuso e strizzato dall’ironia, ma è aperto e fisso: ti squadra ed a ogni parola ti suggerisce di schierarti, come lui ha fatto. Abbi coraggio, anche disperato, osa, non ridimensionare o sottovalutare. Ogni cosa ha la sua esatta misura nel cosmo dantesco: Pier delle Vigne, Francesca, Conte Ugolino, Sapia, Piccarda, Gerione etc. fino allo sconosciuto Pier pettinaio. Agli studenti Benigni arriva con facilità, sulla lunghezza d’onda della loro stessa semplicità, come un qualunque spettacolo televisivo o concerto dal vivo. Va bene così. Meglio di niente, secondo un detto popolare. Infatti la lettura dantesca nelle classi stenta a decollare. Lingua arcaica, metamorfosi di ladri, giochetti dei Malebranche e luminescenze paradisiache poco possono di fronte all’oltraggio, nel senso dantesco, degli effetti speciali cinematografici e di una lingua assolutamente povera. Forse la voce suadente di Sermonti e la dottrina non banalizzante dei suoi commenti potrebbero avere ancora un fascino anche per ragazzi che praticano surf culturale (secondo Baricco). Forse varrebbe la pena tentare ed insistere con cocciutaggine veramente dantesca. Fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguire virtute e canoscenza.