Un Beethoven di poco rilievo
(Salvatore Aiello)
Benedetto Lupo
Terzo incontro, il 24 marzo al Massimo, delle serate beethoveniane con un’iniziale novità: König Stephan musiche di scena op. 117 ideate per l’inaugurazione del nuovo teatro di Pest e dedicate al re Santo Stefano, primo benefattore dell’Ungheria. Trame gioiose in crescendo introducevano l’Ouverture affidata alla direzione di Nicholas Collon e al solido apporto, con qualche asprezza in acuto, del Coro del Teatro impegnato nei Cori: 2,4 e 9. Attesa poi l’esecuzione del pianista Benedetto Lupo protagonista del Concerto n. 4 in Sol maggiore op. 58, grande e profetica opera di portata rivoluzionaria che anticipa gli esiti della stagione romantica. Sin dall’attacco il solista sfoderava perizia tecnica ragguardevole e consumata esperienza cogliendo dell’Allegro moderato i nuovi rapporti con l’orchestra con cui, in verità, non sempre trovava un’immediata e piena accoglienza; in maggiore evidenza nell’Andante con moto in qualche modo compensata, con maggiore dialogo, nel Rondò vivace.
Avremmo preferito, in qualche momento, un pianismo più rallentato per esaltare e dare importanza a tutte le note per restituire maggiore poesia al dettato musicale. Meno esaltante la conduzione della Sinfonia n. 6 in Fa maggiore op.68 che nonostante l’impegno di Collon, non ci ha restituito quei timbri, quelle atmosfere e soprattutto quei dettagli e screziature che il testo racconta; una direzione che ha tenuto poco conto del carattere rappresentativo del programma del Musicista di Bonn dove si accampa la Natura prima esaltata dalla comunione bucolica per giungere, attraverso la tempesta e il temporale, al canto conciliatore dell’Allegretto finale intento a ricordare, illuministicamnete, la centralità dell’uomo nel creato.