Belice: la trasformazione del paesaggio agrario

( Tommaso Aiello)

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Paesaggio agrario dopo il disboscamento. Foto di T. Aiello

Nella valle del Belice restano ormai poche tracce del paesaggio naturale precedente o non modificato dall’intervento agrario. Dei boschi che, spesso avevano i caratteri della macchia mediterranea, in gran parte la ricoprivano, esistono ancora sparuti gruppi di querce da sughero e di oleastri. Sarebbe lavoro inutile ricercare gli aspetti originari nelle forestazioni eseguite a metà degli anni ’80, l’uso quasi esclusivo di piante indigene, conifere ed eucalipti in particolare, ha creato un paesaggio che non può certamente ricordare quello che esisteva prima del sorgere dell’agricoltura. E’ con essa, infatti, che si crea il paesaggio agricolo. Il primo intervento, in ordine di tempo e di importanza è un massiccio disboscamento eseguito col duplice scopo di fornire legname e reperire superfici da sfruttare a grano. Opera dei romani, ma ripresa sempre dalle successive dominazioni, ha completamente cambiato i caratteri originari del clima e dell’ambiente(ricchezza di acqua, abbondanza di piogge, temperature miti)- e questo vale per tutta la Sicilia- imprimendo una via in parte obbligata al successivo sviluppo agricolo che, promosso e favorito dal perdurare del regime fondiario del latifondo, ha portato ad un’ agricoltura di tipo estensivo, condotta con le tecniche dell’aridocoltura.

Al prevalente carattere cerealicolo e pascolativo che contraddistingue l’agricoltura latifondistica e ne caratterizza il paesaggio, si contrappone però, fin dal tempo dei greci, intorno ai centri urbani, il “giardino mediterraneo”: micromondo alberato intensamente, immagine antitetica di un’agricoltura che, da un diverso regime di proprietà o conduzione, trova motivazione per un più intensivo sfruttamento delle risorse produttive del terreno non disgiunte, per la situazione del verde e per la presenza di piante ornamentali, da un uso ricreativo ed estetico. Riflessi di sistemi agricoli opposti ma complementari, il latifondo ed il giardino mediterraneo hanno caratterizzato il paesaggio del Belice fin da quando una nuova civiltà agricola, l’agricoltura capitalistica, ha posto, con l’adozione di diversi regimi di proprietà e di mercato e di rivoluzioni tecniche agronomiche, le premesse per un differente sviluppo. A partire dagli anni ’50 con l’importanza assunta dall’arboricoltura ed in particolare dalla viticoltura si assiste all’affermarsi di un nuovo paesaggio che in alcune zone modifica profondamente quello preesistente e in altre si inserisce accanto ai sistemi agricoli – e quindi ai paesaggi – ereditati dal passato.

 

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Terreni coltivati a vigneto. Foto di T.Aiello

L’evoluzione di un paesaggio è certo legata alle condizioni economiche e  sociali della civiltà agricola che lo ha progressivamente determinato, ma soprattutto agli interventi che, effettuati sulla superficie agraria ne determinano l’aspetto.

Il latifondo

E’ proprio durante la dominazione romana che l’agricoltura del Belice (ma il discorso vale quasi per tutta la Sicilia) acquista quella caratterizzazione prevalentemente granaria e pascolativa che solo oggi, per il diffondersi dei vigneti, inizia a perdere. Ma è soprattutto a partire dal XII secolo, con l’introduzione del sistema dell’affitto a gabella, che la cereagricoltura si afferma nei terreni più idonei. Il sistema agricolo che da allora vige ininterrottamente, fino alla metà del XIX secolo, è quello detto dei tre campi. Con esso il terreno viene così diviso: una parte lavorata a maggese, una lasciata a pascolo e l’ultima seminata a grano.

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E’ questa una forma di rotazione discontinua che caratterizza le più antiche tecniche di aridocoltura. Il sistema estensivo dei tre campi viene successivamente modificato introducendo, al posto del maggese, la fava. Di pari importanza per il mutamento del paesaggio latifondistico è l’estendersi della coltivazione della “sulla”, foraggera a vegetazione biennale tipica delle aree meridionali. Con la sua introduzione in rotazione cambia anche aspetto l’allevamento animale. Dalla transumanza, alla ricerca nelle diverse stagioni di foraggio verde su pascoli spesso tra loro lontanissimi, si passa, infatti, a forme di stabulazione meno defaticanti e più produttive.

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Mucche al pascolo. Foto T.Aiello(1974)

Oggi il quadro della cerealicoltura è ancora mutato: la crisi della zootecnia e la conseguente riduzione delle colture foraggere, ha riportato in auge la coltura del grano ripetuta per più anni e intercalata dal riposo pascolativo.

Il vigneto

La coltivazione della vite è sempre presente nelle vicende dell’agricoltura del Belice, ma è a partire dagli anni 50-60 che le dimensioni e i caratteri assunti dai nuovi vigneti hanno il segno di una rivoluzione senza precedenti.

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Vigneto a tendone. Foto t.aiello(anni ‘80)

La “corsa al vigneto” ha provocato grandi operazioni di miglioramento fondiario. La viticoltura tradizionale è basata sulla forma ad “alberello” con la variante della forma a spalliera, dovuta ad una diversa richiesta dei vini, non più da taglio, ma più leggeri e lavorati per rispondere ai mutati gusti del mercato. Più recente è l’uso del “tendone” ,diretta derivazione del sistema a pergola tipico della viticoltura dei giardini mediterranei. Le piante, disposte in quadrato ad una distanza di 3 metri, ricoprono, senza soluzione di continuità, tutto il terreno fornendo elevatissime produzioni ed ottimi vini.

Il “Giardino Mediterraneo”

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Ad un paesaggio dominato dai grandi ed aridi spazi del latifondo si è sempre contrapposta, a corona dei centri abitati, una campagna fitta di alberi e di colture pregiate rigidamente suddivisa da siepi o muretti in appezzamenti irregolari di modesta estensione: il “giardino mediterraneo”. La disponibilità di acqua per l’irrigazione, i nuovi sistemi per distribuirla, l’introduzione di nuove piante da frutto(limone, arancio dolce, gelso, ecc.) consentono infatti un’agricoltura che accentua il contrasto con il carattere estensivo dei grandi spazi. Negli spazi ristretti del giardino mediterraneo vengono insieme coltivate piante da orto, aromatiche, officinali ed alberi da frutto in forme di allevamento e con una attenzione non riscontrabile nelle coltivazioni di pieno campo. E’ una forma di agricoltura questa che mira alla produzione per l’autoconsumo ma che, dalla dispozione degli alberi, posti spesso con lo scopo di ombreggiare, e dalla presenza di piante ornamentali rivela anche una funzione creativa. Il giardino mediterraneo è elemento del paesaggio che per l’evoluzione dell’agricoltura ha in parte mutato la sua ragion d’essere. Rimane però intatta, dove le costruzioni della fascia suburbana hanno assunto il carattere di dimora per l’intera famiglia, la funzione ricreativa.

 

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