Chiesa del Monastero di S. Caterina dell’Ordine Domenicano (piazza Bellini)
(Giacomo Cangelosi)
Il monastero venne fondato nel 1312 da Benvenuta Mastrangelo, dama palermitana, nelle proprie case sul Cassaro dove era stato il palazzo di Giorgio Antiocheno, ammiraglio del re Ruggero II. Nel 1532, essendo aumentato il numero delle monache, venne acquistata la vecchia chiesa di S. Matteo (che si trovava di fronte all’attuale) e incorporata al piccolo monastero, nel contempo venne riedificata la chiesa, completata nel 1596. A questo punto il monastero occupava un intero grande isolato. Durante le rivoluzioni del 1848 e del 1860 subì notevoli danni per i bombardamenti dei Borboni, se ne vedono ancora le ferite sul Cassaro. Insieme alla chiesa era uno dei monasteri più prestigiosi della città e vi accedevano solo nobildonne. Ciò si rispecchia nella ricchezza del sacro tempio che tuttora mantiene tutti gli arredi. All’interno del monastero resistono strutture della casa dell’ammiraglio Giorgio (oggi Sala Capitolare) e un elegante chiostro con una fontana con S. Domenico realizzata da Ignazio Marabitti (purtroppo non visibili per la stretta clausura che vi regna). La facciata, su un alta scalinata, è arricchita dal portale con la statua di S. Caterina (1685) e da una grande finestra gaginesca. Sull’attico le gelosie in ferro da dove le monache si affacciavano non viste. Un’altra porta dà su piazza Pretoria da dove si gode anche la vista della cupola.
L’interno è a croce latina senza navate. All’ingresso il coro sostenuto da colonne salomoniche di marmo rosso e affreschi di Francesco Sozzi (1769). L’aula è tutta incrostata di marmi dal pavimento alla trabeazione; i marmi mischi non sono solo astratte figure ma spesso realizzano vere e proprie scene (le prime due zoccolature delle prime lesene di destra: “Giona e la balena” e “Il sacrificio di Isacco”). L’affresco della volta, opera di Filippo Randazzo, raffigura la “Gloria di S. Caterina” (1744);
la cupola con pitture di Vito D’Anna, invece, “La gloria dell’Ordine domenicano” (1751); il presbiterio venne affrescato da Antonio e Paolo Filocamo (1725).
Preziosissimo l’altare maggiore in marmi pregiati con tabernacolo d’ametista; ai lati due grandi angeli lignei settecenteschi con vesti in lamina d’argento.
In alto, nelle pareti, le belle gelosie in ferro battuto che celavano le suore alla vista dei fedeli. Nel transetto di destra il magnifico altare barocco (di Andrea Palma) dedicato a S. Caterina con la statua marmorea della titolare, opera di Antonello Gagini (1534), ancora ricoperta dalle dorature originali.
Nelle cappelle laterali pitture seicentesche di autori ignoti ma di notevole effetto decorativo. La chiesa è famosa perché la sera del Giovedì Santo viene realizzato nel presbiterio un fastoso altare della Reposizione adornato con parte dei ricchissimi arredi sacri ancora custoditi all’interno del monastero (caso più unico che raro). Il monastero è abitato ormai da poche anziane suore di clausura.