CENT’ANNI DOPO A SIRACUSA

( Gabriella Maggio)

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Foto Attilio Carioti

Centoventimila spettatori e tre milioni d’incasso segnano il successo delle rappresentazioni classiche di Siracusa nel centesimo anniversario della prima rappresentazione moderna dell’Agamennone di Eschilo. Mario Tommaso Gargallo, infatti, nel 1913 maturò l’ambizioso progetto di riportare alla vita il dramma antico nel Teatro Greco di Siracusa tanto che il 16 aprile 1914 venne allestita la prima rappresentazione, proprio l’Agamennone di Eschilo. Quale fosse il teatro tragico greco prima di Eschilo è difficile sapere ed allo stesso modo è difficile pensare quale sarebbe stato senza di lui. Valoroso soldato nella celebre battaglia di Maratona, ospite di Gerone a Siracusa, morto a Gela, forse in circostanze degne di una commedia. Queste le notizie consegnateci dalla tradizione e sono le uniche sull’autore sublime. Per fortuna nostra parlano le sue opere che si offrono ad una inesauribile ermeneutica, che si è snodata nella fuga temporum. Tutto è naturalmente cambiato da allora. Vi confesso senza alcun rimpianto da parte mia. Forse perché come studiosa della cultura latina m’imbatto frequentemente nelle rielaborazioni ed attualizzazioni di temi e generi greci. Per questo apprezzo l’operazione culturale che ogni anno Siracusa ci offre, con i suoi registi, scenografi e coreografi più o meno fantasiosi o trasgressivi che dir si voglia. E’ sempre bella l’esplosione del colpo d’occhio della cavea piena di gente.

Tutti intenditori? Non credo. Curiosi certamente, svogliati vacanzieri anche. Ed è questo intreccio di motivazioni del pubblico che sancisce senza ombra di dubbio il forte fascino della cultura classica, che riesce a giungere a noi reinventandosi attraverso i secoli, mutando sé stessa, ma anche i suoi spettatori, aggiungendo per vie tortuose un filo all’esistenza di ciascuno. Ogni epoca culturale reinterpreta il passato e ne prende quello che può. A volte più a volte meno. Smarrito il senso del sacro, per noi si opacizza un aspetto fondante del teatro di Eschilo, ma tutto quello che riguarda il tema sociologico-giuridico in cui si discutono con fine uso del discorso le strutture sociali, la responsabilità individuale, la giustizia sono per noi vive. Forse vale la pena riflettere sul fatto che anche Eschilo per affrontare i temi di attualità dibattuti dagli Ateniesi suoi contemporanei si sia rivolto al mito antico e sanguinoso degli Atridi. La disamina concettuale di questi temi resta viva nell’ edizione dell’Orestea nel centenario, nella quale ad Agamennone Coefore ed Eumenidi seguono unite.

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Divertentissima la messa in scena delle Vespe di Aristofane, della quale non si colgono più le allusioni ai contemporanei dell’autore , ma nei quali resta viva la satira di alcuni aspetti perenni del potere. D’altra parte che cosa noi oggi comprendiamo delle vicissitudini di alcuni personaggi della Divina Commedia, come ,per fare un esempio, Tegghiaio Aldobrandi, Provenzan Salvani ed altri se non la loro esemplarità, cioè la stilizzazione di un aspetto dell’ animo e del comportamento umano ?

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