La taglia
(Carmelo Fucarino)
Grazie a chi per amore lo ha reso ridicolo
Ho vissuto l’infanzia negli anni eroici del mito del West. Per primi i fumetti, quelle lunghe e strette strisce disegnate in bianco e nero con le tipiche nuvolette, dei quali sento ancora nelle narici un certo particolare profumo di cellulosa e di benzina e di inchiostro che mi evoca per sinestesia tante atmosfere e imprecisati stati d’animo di grande piacere e pienezza. Da quelle piccole strisce si allargavano orizzonti sconfinati, montagne innevate ed immense praterie in cui Indiani e visi pallidi si scontravano per un territorio che voleva dire sopravvivenza. I cavalli allungati nella corsa, silhouette che si stagliavano in immagine di ombra sul ciglio di una montagna con lo sfondo di un sole al tramonto. E le battaglie e i corpo a corpo, tra tomahawk e Winchester e colt, e le immense mandrie di bisonti e i cowboy con il loro lazo, gli immancabili canyon e i cactus fioriti. L’epopea di una nuova Nazione che volle rappresentare con impari aristeia la “conquista del West”, il Far West, il lontano Ovest. Sì, proprio così, la conquista di una terra che gli indigeni, direi con meno oltraggio, gli autoctoni avevano goduto da sempre, prima che Colombo andasse alla ricerca di spezie e ancor più di oro. E poi i film gloriosi del dopoguerra con il ritmico scalpitare dei cavalli e le inesauribili fiamme delle pistole, quei complessi e irripetibili suoni delle scorrerie nelle praterie.
L’epopea del West conquistato si evolse nella questione della legalità e divenne la saga dello sceriffo buono e coraggioso e del gangster con la sua banda sgangherata di brutti ceffi. Così gli immancabili conati di giustizia sommaria, quel pendaglio di forca sempre pronto ed issato, scongiurato dall’arrivo dello sceriffo che “salvava” il gangster … in gattabuia dietro le sbarre. E quando il gangster con la sua banda risultava imprendibile e tracotante, davanti alla ressa di cappelli e cinturoni si affiggeva il manifesto con quel simbolo immortale del dollaro, un numero a cinque cifre e un WANTED in grassetto, il cui significato tutti sapevamo come il deludente inatteso The End. La taglia sopra la foto tessera del gangster cattivo. Degli spaghetti-western ricordo ben poco, forse le musiche affascinanti e travolgenti di Ennio Morricone nella “trilogia del dollaro” di Sergio Leone, prime prove dello sconosciuto Clint Eastwood con il suo celebre poncho. O i colori inebrianti di quel West girato fra le rocce rosse metamorfiche sopra Corleone. Ma l’epos ove i morti non erano stati tali, come nelle battaglie dell’Iliade, era finito in un macello, quelle montagne di morti gangster, quell’orrido che esacerbava e annullava la poesia di un memorabile Mezzogiorno di fuoco con il malinconico Gary Cooper e la dolce Grace Kelly. Certo, ci fu pure il capolavoro di C’era una volta il West che chiuse per sempre un’altra epoca del western, in un imperversare di zompi e di gialli e infine di horror e thriller. Perciò mi ha fatto un certo effetto la taglia di € 10.000 emanata sulla stampa, meno significante, asettica e scialba come tutte le news dei media. Non c’era il simbolo grafico della moneta di Europa, mancava l’immagine del ricercato, il killer spietato e sanguinario. Perché allo squallore di delitti tanto più orrendi, in quanto più stupidi ed inutili, si aggiungeva la pazzia di una cifra immensa, la pensione annua di un poveretto, pur se certamente fortunato di averla. Si dice che la taglia proposta da Rosalba Rabboni per il sanguinario sgozzatore di gatti di vicolo Zisa sia stata una “iniziativa provocatoria” dell’Associazione di volontari della Aidaa. Provocazione di che? È giusto che dei cittadini convivano con colonie di gatti “randagi”, tra piatti puzzolenti di pietanze abbandonate da innamorate di gatti e di urine asfissianti, sol perché il gatto non può essere spostato in una zona meno pericolosa per l’igiene dei cittadini? Si tratterebbe addirittura di maltrattamento togliere un gatto dalla strada, ove finisce spesso la sua grama vita spiaccicato sotto le ruote delle automobili? Eppure agli onesti possessori di gatti casalinghi si permette di castrarli ad evitare spiacevoli connubi o sanguinamenti disgustosi. Un tempo qualche assatanato di giustizia sommaria proclamò di castrare i malati sessuali. Poveri gatti e cani ridotti a livello di maniaci sessuali per la goduria di una genitura animalesca da parte di amorevoli signore. Colmo dei colmi, caso clinico, la “difesa” viene dall’Associazione italiana Difesa Animali & Ambiente. È conciliabile difendere l’ambiente con colonie di gatti defecanti all’aperto, liberi di inquinare abbondantemente la zona (ai pastori è stato vietato persino spargere il siero nel terreno in ossequio a norme europee fatte a vantaggio dei paesi nordici e industrie tecnologiche). E l’ambiente, soprattutto la salute dell’uomo è protetta dalla libera e incontrollata circolazione di colonie di gatti, dalla prassi consolidata di padroni di cani che li portano tre volte al giorno a “sporcare”, a defecare nei vialetti, più spesso sui marciapiedi pubblici? A chi non è mai capitato di spiaccicare simili sozzure nauseanti? Si ha cognizione della tragedia della leishmaniosi della quale molti subiscono a vita le conseguenze? Altro è l’amore per gli animali, quello che a proposito fa una campagna di lotta contro i Circhi equestri e i divertimenti circensi. Perché giustamente l’animale deve vivere libero e felice nel suo ambiente, senza costrizioni e senza umiliazioni da baraccone. Come un tempo anche i cani e i gatti. E anche l’asinello. E i cani e i gatti da salotto in fogge ridicole?