D’EUROPA SI CONTINUA A PARLARE
( Irina Tuzzolino)
D‘Europa si continua a parlare, ma in termini puramente economici di pesanti compiti a casa che sono metafora di tasse e sacrifici. Presentata così l’UE non attrae più, sembra un inutile peso, in una situazione già difficile, soprattutto per chi non ha attenzione per la storia. E così in tutti i Paesi crescono i movimenti che hanno in programma di uscire dall’euro, senza chiarire come e a quale prezzo. Si accontentano dell’annuncio. Le elezioni europee potrebbero essere una risorsa per imprimere una svolta ad una situazione di stallo, ma in questo momento vengono usate dagli europeisti e dagli antieuropeisti per sostenere il loro punto di vista senza addentrarsi in programmi e progetti. Troppe polemiche e troppa aritmetica rischiano di provocare una grande confusione. Manca un progetto europeo grande o meglio grandioso tanto forte da vincere le resistenze e far rinascere speranza e fiducia.
Del ‘900 oggi sembrano vive le separazioni ed i conflitti fra gli Europei, piuttosto che i grandi progetti di unità e cooperazione formulati da Altiero Spinelli, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Sembra lontano l’ideale dell’Europa come Paese policentrico, universo cosmopolita, anche se di fatto basta guardarci attorno per percepirlo anche in molti dettagli della quotidianità. Ma per questo non abbiamo occhi, preferiamo immaginarci progetti a nostro danno, orditi dai nostri partner europei, piuttosto che assumerci la parte di responsabilità che ci spetta in termini di inefficienza e trascuratezza. L’unione politica potrebbe essere una soluzione al problema generale nel lungo periodo. Ma gli Stati dovrebbero rinunziare ad una parte cospicua della loro sovranità e soprattutto dovrebbero cominciare sin da ora a rinnovare una cultura europeista, che da tempo, almeno nel nostro Paese si è indebolita. Eppure l’Europa da lungo tempo è una realtà culturale ben individuata e riconosciuta come tale. Tralasciando il Sacro Romano Impero di Carlo Magno, che mi sembra troppo lontano nel tempo, è dal ‘700 che essa è percepita come unità culturale dai più diversi Autori a cominciare da Voltaire. Un decisivo passo avanti verso l’unificazione sono stati, secondo me, la moneta comune e gli stage degli studenti medi ed universitari, ma a quanto pare non sono stati sufficienti.
A quanto pare no, i vari Erasmus etc. etc. non sono stati sufficienti. Vi è però anche un problema economico non indifferente . Ma bisogna essere dei grandi statisti ed esperti in economia per capire che se si impongono dei costi aggiuntivi alle imprese di produzione ( limiti, norme, apparecchiature particolari, misure etc. ) queste, in un panorama globale, non saranno più competitive ? I produttori di agrumi siciliani devono operare secondo protocolli rigidi, costosi e limitativi, mentre sono permesse le importazioni dai paese extracomunitari che non rispettano tali regole. Sapete che il concentrato di pomodoro è oggi massivamente importato dalla Cina ove non vi sono limiti all’uso dei pesticidi i cui residui troviamo poi nei nostri maccheroni ? Ecco perché le nostre aziende sono destinate al declino e non dobbiamo pensare che il famoso Made in Italy, tanto decantato da pseudo – economisti, ci possa salvare, perché il panorama produttivo nazionale, quello per intenderci che crea lavoro agli italiani, è fatto da piccole imprese, non da aziende come Ferrari, Valentine, Dolce e Gabbana, etc. etc.
Ecco perché ritengo che questa Europa sia stato un mezzo fallimento.