I flauti a S. Matteo

(Carmelo Fucarino)

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Foto C. Fucarino

La chiesa di S. Matteo al Cassaro ha accolto in tutto il suo splendore una serata di eccezione, un concerto da camera particolare. La chiesa è di elezione del Lions Palermo dei Vespri, che ad essa ha dedicato da qualche anno un suo service, per un primo avvio di restauro globale, che meriterebbe più attenzione da parte delle Autorità, dati la sua storia e i tesori che conserva. Il Club ha cominciato con una pulizia generale, soprattutto negli arredi della preziosa sacrestia, che in uno strano scanno in legno intagliato nasconde l’apertura di un cunicolo che conduceva, secondo la leggenda, al percorso sotterraneo dei mitici Beati Paoli, resi celebri e popolari da Luigi Natoli.

Un pubblico numeroso ed interessato ha riempito la chiesa per ascoltare l’Ensemble Flûtes en vacances, un gruppo vario di flautisti accompagnati da un pianista e da un maestro di contrabbasso. L’ensemble è straordinario perché di recentissima costituzione (estate 2013), ma soprattutto perché composto da strumentisti giovanissimi. Lode perciò al maestro Francesco Sclafani, che nel breve tempo di sua formazione è riuscito a creare una perfetta sintonia e un così saldo ed unisono sodalizio. Un encomio anche al direttore artistico di “Natale a Palermo”, maestro Gaetano Colajanni, che ha impostato la scelta dei gruppi in questa direzione di promozione giovanile, e un ringraziamento all’architetto Giacomo Fanale per la scelta dello scrigno architettonico della nostra chiesa di adozione – basterebbero i Serpotta -, e un grazie al parroco che la ha gentilmente concessa. Sciolti gli obblighi di rito, passiamo ai protagonisti della serata, cioè agli autori dei brani e ai giovani artisti esecutori ed interpreti. Il programma è stato assai articolato, scorrendo nei suoi nove passi tutto lo sviluppo della musica cameristica dedicata a questo strumento, il più antico che l’uomo abbia inventato e suonato, l’aulos della musica greca, il più semplice strumento nell’invenzione primitiva e nel suono caldo e vellutato. Dato lo spazio del blog, posso solo ricordare i versi danteschi (Par. I, vv. 19-21, «Entra nel petto mio, e spira tue / sì come quando Marsïa traesti / de la vagina de le membra sue») e il mito dell’invenzione divina da parte di Atena, che lo buttò via inorridita, appena vide le sue gote deformate. La parte del leone l’ha fatto naturalmente J. Sebastian Bach (1685-1750) con una triade ben calibrata di sue composizioni. L’avvio è offerto da una sinfonia e corale (Cantata natalizia, BWV 142, Uns ist ein Kind Geoboren, È nato un Bambino, corale, Alleluja, Alleluia, gelobet sei Gott, Leipzig 1720 circa). Si tratta naturalmente di un adattamento al complesso flautistico di una sinfonia spesso usata per organo grande e i ragazzi hanno saputo coglierne lo spirito sotto la guida esperta del maestro. A seguire il tema “arioso” dalla Cantata n. 156, in stile di canto solista, lirico tra recitativo e aria, il cui titolo esprime il momento tragico della vita dell’artista, «Io sto con un piede nella fossa» (Ich steh’ mit einem Fuß im Grabe), nato per oboe e archi, in genere per flauto è reso in una tonalità superiore. Infine del corale n. 147, che ebbe due versioni a Weimar e Leipzig, è stato eseguito il decimo movimento, il corale Jesus bleibet meine Freude, semplice corale a quattro parti che si sviluppa su una struttura orchestrale tripartita su melodia dalla prima frase del cantus firmus in un’atmosfera pastorale. E qui i ragazzi hanno avuto modo di esprimere le loro qualità sorretti dal motivo insistente. Dal barocco della Weimar del Bach che ivi era Kapellmeister, alla Venezia di Vivaldi (1678-1741) con il concerto specifico dedicato a due flauti e orchestra (Kv. 533), che ha dato possibilità agli strumentisti di esprimere le loro capacità sonore e le variazioni melodiche nei tre movimenti di Allegro molto, Largo e Allegro. Il salto all’odierno è avvenuto con l’Antique suite di un organista inglese contemporaneo, John Rutter (London, 1945), nei tempi Prelude-Ostinato-Aria e un ritorno al primo Novecento con l’Hymnus del violoncellista Julius Klengel (1859-1933). Un omaggio al giovane, prematuramente scomparso a quaranta anni il 19 dicembre scorso, è dedicato con la fantasia dalla colonna sonora di The Mission di Ennio Morricone, famoso per la collaborazione con Sergio Leone e Oscar alla carriera nel 2007, e dello stesso sfortunato maestro una fantasia a chiusura (Medley natalizio per orchestra di flauti, Santa claus is coming to town; It’s beginning to look a lot like Christmas; Let It snow,Let It snow,Let It snow; Jingle bells). È un lavoro in collaborazione con i “Joueurs de Flûte”, ensemble di flauti piemontese diretto da Mariangela Biscia in occasione del tour americano e della loro presenza al National Flute Association 2011 in North Carolina. Nel mezzo un suggestivo movimento di La Moldava, poema sinfonico del 1874 di Bedrich Smetana (1824-1884), facente parte del ciclo sinfonico La mia patria (Má vlast), da lui composto negli anni difficili di malattia. Proprio all’inizio due flauti danno vita alla melodia ondeggiante del ruscello, seguiti dai clarinetti con un’entrata a canone e poi con l’avvio degli archi. Per gli ascoltatori sono stati momenti di grande godimento, sia per la scelta così eterogenea dei brani che andavano dalle melodie barocche, così ormai fuori epoca, ma sempre suggestive per le loro variazioni e sonorità, alle modulazioni jazzistiche odierne, ma anche per la versatilità e intercambiabilità dei solisti che hanno mostrato una grande sintonia e una esperienza degna del maestro, eccezionale per la brevità di tempo del sodalizio e per la loro giovane età. Ogni solista meriterebbe una particolare segnalazione dell’esecuzione.

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