Oggi si replica Traviata

(Carmelo Fucarino)

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Ieri e oggi, foto stampa Teatro Massimo

Si può replicare un’opera teatrale nello stesso teatro a due condizioni: 1. Che le repliche proseguano ininterrottamente per diecine di anni, come avviene in qualche teatro di Londra o di Broadway; 2. Che la singola replica stagionale sia interrotta almeno da qualche quinquennio. C’è per la Traviata forse un’attenuante, che è l’opera più presente e rappresentata nei tabelloni teatrali di tutti i tempi. Pertanto solo con un’opera di estrema popolarità si poteva sostituire il Götterdämmerung di Wagner venduto con il troppo ambizioso programma della stagione 2013.

Per altro La Traviata è fresca fresca di scena al Teatro Massimo di Palermo e ciò può suscitare qualche increscioso e spiacevole paragone. È stata presentata il 21 febbraio 2012 e di quella  versione ho scritto qualche mia riflessione su questo blog il 26 febbraio e sul tema e sul valore dell’opera ad essa rinvio (in web su questo sito vedi Carmelo Fucarino, «Tutta Parigi impazza… è carnevale»). Perciò in questo mio intervento aggiungerò qualche considerazione sui due allestimenti così a ridosso l’uno dell’altro e sul cast rinnovato pur con alcune precedenti compresenze. Entrambi gli allestimenti sono di teatri del Nord, quello del 2012 creato dalla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, l’odierno è del Teatro Regio di Torino in collaborazione con il Santa Fe Theatre Opera Festival. Per contestualizzare, tutti sanno del valore del Regio di Torino, nessuno invece della città statunitense, di circa ottantamila abitanti, capitale del New Mexico, la più alta della federazione a 2.132 metri. Cionondimeno possiede dal 1956 un moderno avveniristico teatro d’Opera. Tornando al parallelo delle due realizzazioni, abbiamo potuto godere della direzione di Carlo Rizzi nel 2012 e ora di Matteo Beltrami con diversa lettura musicale dell’opera verdiana. Così si può dire pure della regia, quella sontuosa e dinamica di Henning Brockhaus del 2012 e l’odierna più “minimalista” di Laurent Pelly, che si è occupato anche dei costumi. Originale il coup de théâtre che sviluppa il doloroso preludio iniziale con il funerale di Violetta. Un completo ribaltamento di realizzazione sono state le scene, esplosive e di grandissimo movimento e resa cromatica quelle di Josef Svoboda del 2012, la ripetizione dell’arido gioco di parallelepipedi, che altre volte abbiamo ammirato in moto perpetuo nella scenografia odierna di Chantal Thomas. Qui però rappresentano le tombe fra le quali si svolge l’azione, cimitero che un solo lampadario trasforma in salone delle feste. Perché di questo si tratta, per chi non l’avesse capito, così le lenzuola che coprono i mobili di una casa che chiude, mentre Violetta muore su una tomba. La bigia scena fissa dovrebbe dire tutto questo, con una forte dose di fantasia, ad alludere alla vita di una giovane destinata alla morte. Così per i costumi di Violetta si passa dalla versione da caffè chantant a quella di paggetto. Cosa dire delle interpretazioni delle due protagoniste? I paragoni sono sempre sgradevoli e gli appassionati possono far da sé tra la Violetta di Mariella Devia, eccellenza nel ruolo dal 1973 a Treviso fino al Regio di Parma e alla Scala nel 2006 e quella odierna di Desirée Rancatore, per la prima volta nei panni della dama delle camelie, come lei stessa ha rimarcato: «Da quando ho cominciato a studiare canto sognavo di interpretare questo ruolo, uno dei più belli di tutto il repertorio. È anche una delle opere che più ho ascoltato nella mia vita». Si può dire che ha giocato in casa con il finimondo di applausi e di grida, sostenuta da Stefano Secco acclamato Romeo all’Arena di Verona. Cosa che non si può dire del baritono palermitano Vincenzo Taormina, anche se la sua interpretazione è stata accurata e partecipata emotivamente ed elogiata in altri teatri. Patrizia Gentile, soprano palermitana, è diventata Flora dall’Annina della precedente prova, mentre sono tornati nella loro parte di un anno e tre mesi fa Bruno Lazzaretti – Gastone, l’altro palermitano Giovanni Bellavia – Douphol, Manrico Signorini – Grenvil. Diremmo con il poeta «sanza ‘nfamia e sanza lodo». Si può solo sperare che, chiusa la fase del Commissariamento, la nomina dei nuovi presidente, sovrintendente e direttore artistico di alto livello possa ridare slancio, grandezza e fama al teatro più bello del mondo. Che ha bisogno del sostegno di tutti, perché torni a risplendere nel mondo della lirica. Viva il Massimo!

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                                                             Foto Teatro Massimo

 

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Santa Fe Opera Festival, Violetta Brenda Rae, Alfredo Michel Fabiano

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