Palermo, o cara! No, tu no!
(Carmelo Fucarino)
Foto Fucarino .Sul frontone: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire».
No! Tu no! Perché no? Ai primi di dicembre le motivazioni dell’esclusione da parte della anonima somma “commissione” ministeriale. Certo che la Cultura non si improvvisa in funzione di una ricorrenza così alta, ma posso anche dubitare che non bastano i “Sassi”, perché si diventi capitale della Cultura. Vero che, secondo il celebre diario di Carlo Levi, “Le parole sono pietre”, ma solo in archeologia le pietre diventano cultura e a certe particolari condizioni.Eppure questa proposta onirica di Orlando aveva una sua profonda e variegata valenza. Una sfida e un impegno di riabilitazione. Era l’occasione buona per il riscatto di una città martoriata, con le ferite, ancora aperte nei suoi quartieri a mare, della liberazione da parte degli Alleati, una città che è stata al mondo nota da allora, ma soprattutto dagli anni del boom economico, per la cronaca nera e per una parola esecranda e raccapricciante, “mafia”. Così negli anni Ottanta fui identificato da giovani cinesi in una strada di Shangai, con due nomi “Ciof”, il portiere dei mondiali, e “mafia”. Tutto era ricominciato con l’arrivo degli italo-americani al seguito delle truppe, con la pagina, viscida e oscura, di Portella delle Ginestre e con la finta ostentazione del cadavere del bandito Giuliano. Il sogno-progetto di Orlando e dei Palermitani che si erano stretti intorno al Comitato era l’impegno sostanziale anche della Comunità cittadina per la riscoperta dei suoi inestimabili tesori, materiali ed immateriali, e, se vogliamo, anche per il miglioramento e l’innalzamento delle sue condizioni socio-economiche. A tutto questo lavoro di sintesi e di progettualità non è stato dato alcun credito se si è stati esclusi a primo acchito, senza dubbi da verificare in seguito con maggiori indagini e approfondimenti.
Perché l’esame era già stato deciso prima di questo incontro colloquio de visu. Forse, come qualcuno sussurra, si è ritenuto che erano proposte in fieri, progetti forse irrealizzabili. Ma non credo che le opere pubbliche, la risistemazione dell’area urbana, qualche promessa di abbellimento o la semplice verifica dell’esistenza di moderne strutture urbanistiche siano parametri da valutare per una finalità di Città della Cultura, non credo che la pulizia delle strade sia un metro che ha a che vedere con la Cultura. Alla stessa stregua dei servizi da tavola che si adottano come parametro nelle balorde guide turistiche per dare le stellette o le “forchette” alla “buona cucina”. La Cultura non è realizzabile nell’oggi né nel domani, essa “è” semplicemente, sedimentata da secoli di storia, da quando i Punici tenevano un emporio in una città che i Greci chiamarono Panormos, come tante altre nel Mediterraneo e nell’Oriente, giù fra tanti altri occupanti d’Asia, Africa ed Europa, fino alla Palermo capitale europea dei Florio, i cui segni di opere da Risorgimento in stile mediceo costellano diversi punti della città. Impossibile fare una sintesi delle stratificazioni culturali che in ogni angolo di Palermo sanciscono la europeità della città. Sfido qualunque stato europeo a non rinvenirvi tracce dei propri cittadini, azzardi per motivi economici o per amore o per fascino di questo sito, con le loro persistenze economiche, ma anche con il loro retaggio culturale. Tutti sono venuti, la hanno visitato, si sono impiantati, hanno dato un contributo all’identità di Palermo multietnica e multiculturale. Si poteva spiegare questo in un’oretta davanti ad una commissione di esame che aveva prestabilito suoi parametri di valutazione, sue prevenzioni ideologiche di Cultura? Si poteva spiegare tanto da parte di un gruppo ristretto di cittadini, alcuni anche estranei alla cultura palermitana, mentre chi ascoltava sconosceva tutti gli altri ingegni rimasti in trincea a Palermo? Certamente il meccanismo delle assegnazioni, il metodo di questo primo screening non ha alcun valore probativo, si basa su qualcosa di improbabile e di aleatorio, come è certamente il cosiddetto esame di maturità scolastica. I giochi con molta probabilità erano già fatti. Eppure qualcosa di grandioso era avvenuto fra l’entusiasmo da una parte e il solito catastrofismo e vittimismo piagnisteo. La città in questa prospettiva europea si era messa in moto, aveva raccolto le sue energie, aveva fatto un inventario delle sue capacità e delle sue progettualità, delle sue risorse culturali secolari. Le sue proposte, esposte ed illustrate in una buona ora di colloquio, non sono risultate credibili alla “Commissione”. Certamente non era facile smentire in così breve tempo tutta una storia di impianto negativo. Perché per tanti anni, per decenni è stato facile fare il tiro al bersaglio su una città martire. Sì, perché noi cittadini, cinquecento mila e più persone, abbiamo pagato i danni prodotti da alcune centinaia di “corpi estranei”. Noi siamo stati ostaggio di un gruppo, forse lo siamo ancora, perché no, anche di una classe politica indegna, che spesso è stata collusa. Ma dietro questo sfascio, dietro questa messa in primo piano di tutti gli orrori di una minoranza, c’è stato tutto un popolo che ne è rimasto vittima innocente e consapevolmente ostile e oppositore. Noi, società civile, siamo stati ignorati, perché certo fa notizia e audience la strage, ma mai quanto di pacificamente culturale sia potuto avvenire in questi anni. E forse da parte di una certa cultura palermitana occorrerebbe spiegare agli Italiani “altri” e a tutto il mondo che la società palermitana è qualcosa di diverso, che c’è una maggioranza sana, che purtroppo non ha strumenti per farsi sentire. A questa bisogna dare la voce, perché giorno per giorno si faccia conoscere la potenzialità, ma anche le realizzazioni del nostro popolo. Perciò ancora, voce nel deserto, Palermo svegliati.
Ma noi siamo degli inguaribili ottimisti ! La foresta che cresce non fa rumore!