ANATOMIA UMANA E FITOLOGIA

Una dissertazione quasi seria sull’interdisciplinarità

( Gianfranco Romagnoli)

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Superato il concetto di sapere specialistico, che si era affermato particolarmente nell’Ottocento in contrapposizione all’enciclopedismo, già caratterizzante la scienza prearistotelica e che successivamente fu riscoperto, a più riprese, in epoca rinascimentale e poi nel secolo dei lumi, il tempo in cui viviamo ha realizzato la conciliatio oppositorum nel concetto di interdisciplinarità, un criterio che è stato ritenuto ottimale per presiedere alla formazione e alla ricerca e che ha riscosso un tale successo, che questa parola è stata ripetuta, spesso a sproposito e senza neppure comprenderne il significato, quasi un moderno mantra, da qualsiasi “gnurantuni” in vena di intellettualità. Nell’intento di dare un mio contributo di carattere linguistico alla valorizzazione di tale moderna scoperta attraverso l’analisi di un’ applicazione pratica, non eccessivamente paludata ma pacificamente accettata a ogni livello, voglio richiamare l’attenzione su modi di dire popolari (vox populi, vox Dei) che dimostrano come già nel comune sentire veniva colto tradizionalmente, e ancor oggi viene colto, un costante parallelismo, o per meglio dire una misteriosa affinità tra anatomia umana e fitologia, atta ad illuminare entrambi i campi del sapere.Riporto, a tal fine, una serie di espressioni comunemente diffuse che si avvalgono dei nomi di parti anatomiche per designare unità vegetali.

 

Per definire un ciuffo di insalata, si dice di solito “un piede d’insalata”.

Allo stesso modo, per designare ciascuna unità di un ortaggio il cui uso è assai diffuso in cucina, si dice “una testa d’aglio”.

Per indicare un tipo di bella siepe sempreverde, si dice “una spalla d’edera”.

Fin qui, i prestiti dell’anatomia alla fitologia che mi vengono in mente. Reciprocamente, annoto le seguenti espressioni tratte dal mondo vegetale ed usate per designate una persona (riferendosi per traslato a una sua parte anatomica) non particolarmente acuta:

– una testa di rapa;

– una testa di cavolo;

– andando sulle cucurbitacee, uno zuccone ovvero una zucca vuota (ogni riferimento alla festa di Halloween è puramente casuale).

Questi modi di dire non tengono purtroppo conto della bontà di questi prodotti dell’orto, ingiustamente diffamati con l’accostamento a persone non proprio stimabili, quanto meno sotto il profilo intellettuale. Non dimentichiamo, poi, il pomo d’Adamo, parte anatomica che, con il suo nome derivato dalla biblica cacciata dal Paradiso terrestre, unisce al parallelismo tra anatomia e fitologia un significativo riferimento alla disciplina Scritturistica.  La decenza mi vieta di proseguire nel citare i paralleli che il linguaggio del volgo, nei vari dialetti italiani, istituisce tra vegetali e altre parti anatomiche. Peraltro, non dobbiamo neppure dimenticare altre più generali espressioni riferite a persone, usate anche in letteratura, come “E’ un fiore” (di una bella fanciulla, vedasi di M. Proust: All’ombra delle fanciulle in fiore) o giovane “virgulto”(cfr. Isaia 11,1), o la definizione di “radici” data alle proprie origini (vedasi Roots: The Saga of an American Family, romanzo del 1976 dello scrittore afroamericano Alex Haley, con il famoso protagonista Kunta Kinte che in realtà, essendo schiavo, kuntava assai poco). L’affinità tra questi due campi del sapere, peraltro, era stata profeticamente colta in campo artistico, nel Cinquecento, dal noto pittore milanese Giuseppe Arcimboldi, più noto come L’Arcimboldo, che la tradusse nei suoi famosi ritratti visionari, nei quali la figura umana è costruita esclusivamente con una combinazione dei più disparati vegetali.

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