Decameron volgarizzato Busi

(Carmelo Fucarino)

 

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A partire dall’equivoco già vivo ai tempi di Cicerone tra vertere e transducere e sulla nuova promozione con interviste di un’edizione del 2004. Non è questione di conservatorismo o di accademismo. Si tratta per me di una battaglia contro l’ignoranza invasiva che sta portandoci all’analfabetismo. Di base, non solo di ritorno. Fa specie in questo arretramento culturale che ci si stracci le vesti e si armi di orgoglio nazionale davanti alle tragiche classifiche OCSE sul grado di quello che nei tempi bui di acculturazione elementare da libro Cuore si chiamava “saper leggere e far di conto”. Due semplici osservazioni: la prima traduzione che investe il classico della prima prosa italiana, l’ab ovo dello scrivere, fu confezionata da Aldo Busi. Non azzardo giudizi sull’arte che l’autore vanta, primo e solo fra i romanzieri italiani. Mi pongo solo la domanda se i suoi testi abbiano la dote della fruibilità popolare. Perché di questo si tratta nell’operazione editoriale promossa e ripresa oggi dalla editor di una eccellenza dell’editoria italiana. Si trattava semplicemente di “vendita” (forse mancata?). Bisogna far sì che il pubblico acquirente della Bur, acquisti, per capirci quelli della gloriosa tascabile, per piccole tasche, quella della sessanta lire per volumetto unico, copertina ghiaccio e carta scadente, sulla quale i veri poveri del dopoguerra ci siamo fatti una cultura. Lì abbiamo scoperto anche il Principe altro capro espiatorio dei traduttori.

Guarda che novità: fu tradotto nel 1967 da G. Bonghi per la Sansoni (pure in un Oscar di Melograni). In mancanza e in assenza di autori “validi”, viventi e operanti, finita l’era dei grandi, non dico lo Sciascia dei pamphlet, ma il Moravia e il Pasolini (con glossario in coda) e la grande sfilata degli autori popolari del Sessanta, stanchi della stucchevole solfa di giallofoni e serial di stanchi montalbani, si vuol vendere il Decameron, che ha una tradizione di lettura “continuativa” da bestseller che risale al Trecento. Non c’è che dire sull’operazione commerciale in fase di Centenario. Penso al fra’ Agnolo Firenzuola che operò il “volgarizzamento” dell’Asino d’oro di Apuleio, ma si trattava di un latino non ciceroniano, e pur liberamente lo interpretò tanto che vi tradusse il «barbato vecchione, che ne fe copia colla sua eloquenzia e dottrina de’ misteri degli antichi Ebrei» ed Iside divenne la «bellissima giovane, ma con aspetto infiammante i cuori degli uomini alle virtuti e alle cose del cielo», con bambino. La questione riguarda invece la fattibilità e la resa economica. Si crede veramente che la confezione del “Busi decamerone” con qualche sberleffo modernista e qualche geniale invenzione di modernariato possa realmente far apprezzare Boccaccio? E poi che c’entra in tutto questo messer Boccaccio? Si vuol far conoscere la storiella sboccatella, “boccaccesca”. Basta inventarla e trovare location e personaggi odierni. C’è l’imbarazzo della scelta per personaggi boccacceschi. Oppure si vuol stupire e strabiliare con verniciature da ferri vecchi ad uso di analfabeti? Stia certa la rivoluzionaria editor della Rizzoli. Gli analfabeti non correranno ad acquistare il capolavoro, neppure se si offre in copertina il nome di Busi, anche perché non comprano né conoscono neppure lui. E ben lo sa. Analfabeta è uno status genetico, con laurea o non, non si rimedia con uno specchietto, perché non è un’allodola. Non si legge per vocazione e per spinta naturale, cara signora. Se siamo ultimi in Europa, si consoli, non è colpa degli editor. Forse della scuola, forse della politica culturale, certamente per la maledetta “educazione” degli sghei e della produzione con indice in eterna ascesa. Ultima e non ultimissima: la cosiddetta dispersione dell’obbligo scolastico o abbandono (bellamente pure “mortalità”?) è del 17,6 %, 2 su 10 quasi, con punte di 25,9 in Sardegna e 25 in Sicilia. Il governo ha investito 3 milioni e 600 mila euro per quest’anno, ne investirà 11 milioni per il prossimo anno. E per cosa sarà sperperato questo tesoretto? Se gli alunni sono come polli industriali nelle stie e gli insegnanti sono forfettariamente licenziati per rispettare le statistiche? Eppure eravamo noi insegnanti che facevamo il lavoro porta a porta con l’anagrafe in mano per convincere le mamme. Perché poi il paradosso è ciclopico. In tutte le reti, da quando le private hanno fatto testo di ignoranza, si parla nei più variegati dialetti, non si conosce pure l’esistenza della pronunzia italiana, figuriamo di quella delle lingue estere, gli accenti sono optional, i significati una interpretazione ed un libero adattamento tra “sversamenti” vari, anche da parte di scrittori che vanno per la maggiore che dialetteggiano con visi soddisfatti. Ci sarebbe da riscrivere Boccaccio in romanesco o in meneghin, perché di questo si tratta. Che italiano ed italiano… Come se fosse noto e parlato da qualcuno! Boccaccio non ha bisogno della traduzione, giuro, da insegnante che lo leggeva con profitto, immedesimazione, con risate o commozione, anche in istituti di ragioneria. Vorrei vedere come può tradurre il genio della narrativa contemporanea questo vertiginoso incipit: «Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti, e assai ricchi uomini rimasi dopo la morte del padre loro, il qual fu da San Gimignano, e avevano una lor sorella chiamata Lisabetta, giovane assai bella e costumata, la quale, che che se ne fosse cagione, ancora maritata non aveano». E come tradurrà i tanti endecasillabi e cola ritmici? Mi sa che si tratterà di versi liberi, perché così si intende oggi la poesia, libera da qualsiasi prosodia e metrica, parole in colonna e senza ritmo.  Ed è gioia sentire quest’armonia: «Come voi vedete, il sole è alto e il caldo è grande, né altro s’ode che le cicale su per gli ulivi; per che l’andare al presente in alcun luogo sarebbe senza dubbio sciocchezza». Vorrei ricordare che già nel 2006 Boccaccio era uscito per Mondadori con questa scheda più credibile: Tipo prodotto: Libro scolastico -Titolo: Decamerone. Dieci novelle raccontate da Piero Chiara – Autore: Giovanni Boccaccio – reparto: Bambini e ragazzi – Materiale educativo. Date agli adulti il piacere di imparare. Se lo vogliono.

3 pensieri riguardo “Decameron volgarizzato Busi

  • 19 ottobre 2013 in 08:36
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    Complimenti!

  • 8 novembre 2013 in 09:52
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    sì su Boccaccio s’è detto qualcosa ( ma oggi le versioni autentiche dell’ ” Exameron ” sono tante BUR etc. , ben fatte, facilmente aggredibili , ed a poco costo da €. 5 come allegato ai giornali) però si glissa sempre su un punto fondamentale : il libro ( sono 2 i libri per le 10 novelle alle 7 donne) era coperto da Dante ed Ariosto ma insieme ” vietato a scuola “( al ginnasio-liceo ) perchè nell’indice dei libri proibiti ( era osceno dopo 700 anni , dalla peste di Firenze..del 1348, così come lo è stato Svetonio in ” Vite dei Cesari ” ) , fu criticato , salvato e purgato nel 1573 , e rimesso in circolo nel XVIII sec. e dovrebbe leggersi più a fondo.., e spiegato senza remore perchè dedicato alle donne , ai vizi soliti dell’umanità e delle 3 grandi religioni in guerra continua , insieme alla beffa sulla stupidità dell’uomo ( per questo è un grande..) ! ( Io sono iscritto a ” Palermo Normanna ” )

  • 8 novembre 2013 in 09:57
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    Se per questo inoltre..( la paura dell’oscenità , la satira , etc. ) basterebbe leggere a fondo i grandi autori latini e greci..sin da Omero per finire non solo a Plauto o Tacito ,ma anche a Luciano di Samosata o Celso..per esempio.

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