I Picureddi
( Pippo Sciortino )
Nelle nostre case, fin dai tempi in cui la memoria ci consente di ricordare, nei giorni antecedenti la Santa Pasqua, era ed è consueto allestire “greggi” di picureddi, che oltre a prendere forma, ricordano aromi di vaniglia, cannella e chiodi di garofano. Queste creazioni, sono preparate non a fini speculativi o commerciali, ma come un vero e proprio “culto”, per il piacere di donarle a parenti, amici e conoscenti, rinnovando vincoli di appartenenza e di solidarietà.
Il rivivere questo culto, di cui questa realizzazione è un chiaro esempio, oltre ad avere significati simbolici, manifesta un chiaro esempio culturale identificante che è patrimonio di tutta la nostra comunità. L’identificazione della Pasqua con l’agnello pasquale, va dal rito sacrificale dell’Antico Testamento, con l’identificazione in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento. Al rito sacrificale si è sostituito nel tempo, il sacrificio “simbolico”. Il sacrificio reale non poteva che essere sostituito con quanto di più prelibato e sublime possa crearsi nella cucina siciliana, la pasta reale o frutta di martorana, per prendere forma nei “picureddi”. Nella Sicilia occidentale, l’allestimento delle pecorelle pasquali, come anche della frutta di martorana, è stata prerogativa dei conventi, in cui specialmente le suore erano abilissime pasticcere. A Roccapalumba, indipendentemente dai vari procedimenti gastronomici (a caldo o a freddo) o tecnici (a mano o con gli stampi), assumono fattezze di vere e proprie opere d’arte ed il rituale della preparazione dei picureddi non è stato il tramandare di una semplice ricetta, ma il perpetuarsi di un rito. Una delle prime elaborazioni è stata realizzata da una famiglia della borghesia agraria agli inizi del ‘900, a porla in essere è stata una laboriosa massaia di fine ingegno, Giuseppina Modica (1877-1948), la tradizione è stata tramandata con cultura orale poi: a Rosa Genco (1903-1975), a Saveria Genco, a Rosa Tuzzolino (1914-1992) ed a Emanuela Lo Faso. Fino a quando la civiltà dei consumi e della globalizzazione, non avranno offuscato anche questo “rito” ed all’atto di tagliare un pezzettino di “picureddu”, ancora, come un preventivo pentimento, si è pervasi da un senso di colpa “pari piccatu”, ricordando quasi il peccato che il Cristo ha riscattato con la propria passione e morte, questo “culto” verrà perpetuato.
ECCO L’AGNELLO DI DIO, ECCO COLUI CHE PRENDE SU DI SE’ IL PECCATO DEL MONDO ( Gv 1,29)