CAMBIAMENTO O SEMPLICE CAMBIO DI GUARDIA?
( Pietro Manzella, Lions Club Palermo dei Vespri, Presidente Zona 1
Distretto 108 YB)
Credere nei bisogni dell’umanità che soffre, condividerne le sofferenze, aiutare ad alleviarle o debellarle, sono scopi del lionismo sin dal 1917 e continuano ad esserlo anche nel 2013, senza che siano mutati o senza che si siano ossidati per il tempo trascorso. Ma, allora, cosa è cambiato: l’uomo, l’associazionismo lionistico o la società. A questo interrogativo dobbiamo, forse, una risposta e su questo dubbio dobbiamo riflettere e confrontarci. Da più parti ed ad ogni livello si sente parlare di “crisi”, di difficoltà, di mutamento, di cambiamento, ma nella realtà cosa è cambiato o sta cambiando realmente? L’uomo certamente no! Egli è strutturato sempre allo stesso modo: una parte materiale, un’altra spirituale o animica in cui esistono e convivono emozioni, sentimenti (amore – odio), razionalità, fede, intelligenza, intesa, anche, come volontà e capacità di comprensione e conoscenza, diritti, doveri, bisogni. Quindi, non si può affermare con certezza che egli sia radicalmente cambiato. Allora, la Nostra Associazione?
Ma, osservando più attentamente, ci rendiamo conto che, sia il Codice dell’Etica che gli Scopi, sono rimasti uguali a quelli del 1917, a parte qualche aggiustamento di traduzione dall’inglese. Anche la struttura piramidale e verticistica è rimasta immutata a parte l’introduzione di qualche ulteriore figura amministrativa, necessaria a completare un quadro gestionale più completo, in relazione anche alla complessità organizzativa ed alla crescita mondiale. Pertanto, non si può neppure concludere che sia cambiato il nostro Associazionismo. Resta per ultimo l’esame dell’attuale società civile. In effetti questa, rispetto al 1917 è cambiata:
1) Sono mutati i costumi;
2) Sono mutate le necessità / esigenze;
3) Sono mutate le aspettative di convivialità;
4) Sono mutati i comportamenti di molti uomini, sia singoli che associati, i loro diritti/doveri;
5) È mutato, in altri termini, il modo di vivere la collettività all’interno della “civis” ed il concetto tradizionale di “civis” e la volontà di rendersi, in qualche modo, attivo e partecipativo.
Mi esimo dall’analizzare l’aspetto sociologico di tale mutamento, poiché non ne possiedo le capacità professionali, ma ritengo di potere affermare che, essendo cambiata la società, così come detto, da “solida” piena cioè di fermi punti di riferimento, in “liquida”, volendo ripetere il concetto del sociologo Bauman, si è resa consequenzialmente necessaria sia la modifica delle modalità di comunicazione tra gli uomini, che un approfondimento degli scopi del lionismo nella nostra Associazione, per cui ritengo che sia cambiata soltanto la metodologia degli obiettivi da raggiungere, ma non è mutato il Lionismo in sé stesso. Se ad esempio le esigenze primarie del soggetto diversamente abile del 1917 non erano quelle di salire le scale per recarsi al lavoro, oggi tale esigenza è quasi quotidiana, per cui io Lions devo pensare come realizzare il relativo progetto, mettendo in atto un principio di sussidiarietà, oggi pure codificato, al quale la società civile e la classe preposta al suo governamento, non ha pensato o voluto pensare. Ecco che l’associazionismo lions si è pian piano trasformato anche in cittadinanza attiva, ma non perché prima non ne avesse le potenzialità, quanto, invece, perché prima non si erano presentate le relative opportunità. Anche la formazione-informazione dei soci è stata sempre presente negli statuti associativi e, nel rispetto della relatività nel tempo, si è sempre effettuata. Oggi, si avverte, invece, la necessità di sviluppare una formazione differente, poiché anche questa è legata al cambiamento socialitario e, per essa, anche ai mezzi di comunicazione. Prima l’uomo era più disposto ad ascoltare poiché, forse, aveva più tempo, oggi è meno disposto a farlo, poiché la sua corsa è contro il tempo come in una gara ad ostacoli! Ecco, quindi, che affiorano i problemi della defezione dei soci, della loro scarsa partecipazione, anche poiché, a mio avviso, le sollecitazioni parallele al lionismo, che la società attuale offre, sono sempre maggiori ma a volte prive, però, di quel principio rigido (eticità) che, invece, è baluardo inamovibile della nostra Associazione. Il logo con le due effige dei leoni, rivolte a sinistra ed a destra, non ha mutato il suo significato iniziale e, quindi, neppure il passato va cancellato tutto ogni anno, allorché un nuovo Presidente o un nuovo Governatore si avvicenda nella carica! Il passato deve servire per dare al presente il meglio e proiettarlo nel futuro, in quanto sicuramente qualcosa di positivo è stato fatto, sia pure per il solo impegno profuso da un altro uomo, nella collettività. Personalmente, infatti, la notte di capodanno non ho mai avuto la pessima abitudine di “sparare” all’anno trascorso, come scioccamente alcuni osano fare, ma ho ringraziato Dio per avermi lasciato in vita, rivolgendo, invece, un auspicio per l’ignoto futuro. Ritengo, infine, che se ciascun lions nel proprio cammino, all’interno dell’Associazione, oltre all’impegno efficiente nel ruolo e nella carica rivestita, senza bisogno di razionalizzare con filosofia pura un particolare lionismo, a volte anche fuori dalla realtà di tutti i giorni, dimenticando di essere principalmente mediatore dei bisogni dell’umanità con la società civile organizzata, usasse, invece, anche una buona dose di umiltà e buon senso, forse le criticità potrebbero attenuarsi e la convivialità ritornerebbe ad essere anche gioiosa, così come vuole il nostro Codice dell’Etica. Sono convinto, inoltre, che Melvin Jones abbia precorso i tempi allorché nel codice dell’etica scrisse, tra l’altro: “Perseguire il successo, domandare le giuste retribuzioni e conseguire i giusti profitti senza pregiudicare la dignità e l’onore con atti sleali ed azioni men che corrette”! Il 10.12.1948 le Nazioni Unite approvarono, infatti, la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, che all’art. 1 recita: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e in diritti”. Dunque la dignità dell’uomo, sia propria che di un altro, è anteposta ai diritti e rappresenta il grembo in cui questi ultimi sono fecondati. Nelle ultime traduzioni dall’inglese a seguito dei correttivi apportati dal Board, la parola “dignità” viene tradotta in “rispetto per me stesso”, concetto quest’ultimo appropriato all’essere uomo e lions al tempo stesso. Infatti, il rispetto di me stesso deve indurmi a capire che, anche gli altri uomini, in quanto esseri umani, meritano altrettanto rispetto ed il mio ruolo è quello di fare germogliare e concretizzare i diritti ed i doveri, che subito dopo emergono. Tutti questi atteggiamenti comportamentali di vita significano trasformare l’uomo-individuo in cittadino e consequenzialmente renderlo attivo e partecipe nella e per la cosa pubblica in quella “civis” di cui parlavo prima e che, avendo allargato i propri confini territoriali non si chiama più Palermo, Roma, Milano, Vienna, New York, ma Europa, America, Asia, Globo Terrestre, mentre la cittadinanza si chiama “umanitaria”. Ecco che, pure, la sussidiarietà, voluta e codificata a gran voce anche dal nostro legislatore costituzionale, altro non è che l’identica “solidarietà” di cui Melvin Jones parlava nel 1920 in un suo scritto quando diceva “la solidarietà è quanto mai utile, ma da sola non può risolvere i problemi dell’umanità se non è accompagnata da una civile presa di coscienza, se non riusciamo ad emancipare la cultura dei popoli”. Solo con l’affrancazione dall’ignoranza di tutti i popoli della terra potremo riunirci in una linea ideale di pari dignità per poi rendere la solidarietà o sussidiarietà veramente spontanea e senza bisogno di distinzioni tra orizzontale e verticale o altre simili farneticazioni. Il lion di oggi deve lavorare con la mente e con il cuore, con la ragione e con l’impeto dell’amore, rituffandosi nella conoscenza delle regole esistenti nella nostra organizzazione, attuandole con convinzione ogni giorno ed in qualunque posto egli si trovi.