La Real Cantina borbonica di Partinico- Parte prima

( Tommaso Aiello, Storico e Studioso di Etnoantropologia)

 

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Dal progetto alla realizzazione:spazi e funzioni.(1800-1802)

La definizione di “bene culturale” è stata a lungo attribuita quasi esclusivamente alle forme di arte figurativa e architettonica,a quelle,cioè,che nel ‘500 furono definite”belle arti”. Le conseguenze di questa mentalità portarono ad occuparsi e salvare solo certe testimonianze del passato facendo perderne altre, talvolta molto preziose;a privatizzare l’oggetto creando attorno ad esso un fenomeno di tipo commerciale e a presentarlo come qualcosa di avulso dal suo contesto originale . Era accaduto così che,isolando il monumento,l’edificio,dalla realtà culturale che lo aveva prodotto,si erano potute compiere le distruzioni e gli sventramenti che sconvolsero il tessuto urbano e sociale di tante nostre città . Questa dimenticanza l’abbiamo ancora notata nel dicembre del 1999 con la pubblicazione del volume”Siti Reale Borbonici in Sicilia”di R.Giuffrida,Miranda,Dispensa e Lo Piccolo che ricordano la “Pianta e progetto di ristrutturazione del Casino Reale”(esisteva in Via P.pe Umberto ancora ai primi dell’Ottocento)dell’architetto Carlo Chenchi,tralasciando,per la mentalità di cui parlavamo,di parlare di un’opera di edilizia rurale,ma di grande valenza architettonica,qual è la Reale Cantina Borbonica .

 

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La Real Cantina Borbonica prima del restauro negli anni ’80. Foto T.Aiello

Noi cercammo invece,col Gruppo Studi e Ricerche,di recuperare il significato più vero di cultura inteso come intervento attivo dell’uomo nella manipolazione dell’ambiente naturale . In questa maniera il concetto di cultura si liberava del senso aristocratico per estendersi a tutto ciò che appariva solo ad un certo punto della storia della società umana,come risultato di un impegno a rinnovare,a migliorare la qualità della vita,come testimonianza di un passato recuperabile nella sua realtà di sistema,a cui tutto,dalla cancellata in ferro battuto o dall’ex-voto al sublime capolavoro,si riferisce e da cui tutto riceve il lume di una interpretazione che si approfondisce e si allarga . Questa indicazione però non comportava di certo un appiattimento dei valori e del senso della qualità . Così questa nuova visione ci portò ad interessarci della Real Cantina Borbonica,ma non solo di questa,e di sottoporla all’attenzione delle forze politiche perché si facessero promotrici presso gli organi competenti della richiesta dell’esproprio del bene monumentale più interessante del paese . Purtroppo passarono oltre 26 anni prima che si arrivasse all’esproprio e al suo restauro perché il Paese si riappropriasse di questo bene.

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L’interno della Cantina nel 1974. Foto Aiello

Detto questo,parliamo ora del complesso Cantina Borbonica,che forse non ha eguali in tutto il sud d’Italia ed è solo paragonabile a similari costruzioni dell’Olanda,della Francia e della Gran Bretagna,dove negli anni precedenti si era verificata una”rivoluzione agraria” che tendeva a modificare la produzione con l’ausilio di nuove tecniche e nuovi mezzi . La Cantina Borbonica fu fatta costruire nel 1800 da Ferdinando III,re di Sicilia(divenuto dopo la restaurazione Ferdinando I Re delle Due Sicilie) e rappresenta una delle opere civili più importanti del nostro paese . Per parlare della Real Cantina Borbonica non si può prescindere dal ricordare un uomo eccezionale:Felice Lioy,che era un profondo conoscitore della vinificazione del territorio che riteneva negativa,nonostante il Di Bartolomeo nel suo manoscritto completato nel 1805,parli di una produzione di ottomila botti di vino bianco amabilissimo ed apprezzato anche dagli alcamesi . Per il Lioy invece le cose stavano ben diversamente,tanto e vero che con le sue nuove teorie fece una sperimentazione a Marineo e a Partinico per arrivare a una vinificazione ottimale,attraverso l’uso di una macchinetta per raspolare(levare i raspi e gli acini)per ottenere un vino meno acido che si poteva conservare meglio e vendere

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La Cantina Borbonica e la Palazzina-Torre. Foto Aiello 1974.

con più comodo . Sulla spinta di queste nuove teorie,che forse dovette mediare dagli inglesi,non gli fu difficile convincere il sovrano,che acconsentì con dispaccio del 5 luglio del 1800,ad acquistare,per un importo di 3075 Onze,delle terre . Inoltre lo convinse a costruire una”Incantina”per la vinificazione con i nuovi metodi che lui personalmente aveva sperimentato .Così fu affidato all’architetto regio Carlo Chenchi(o Chenchè),pupillo del Vanvitelli,il compito di elaborare un progetto e provvedere alla sua costruzione(anche se non esiste un documento di incarico preciso) . Sappiamo però che il 31 ottobre 1800,il Chenchi si recò a Partinico”per esaminare le opere della strada carrozzabile di Partinico e la perriera per la pietra per servizio dell’Incantina”e che nel mese di aprile del 1802 ricevette la somma di onze 4 e tarì 4,per il saldo di una nota da lui presentata per le visite fatte a Partinico il 10 febbraio e il 17 marzo per la consegna delle opere della Real Cantina(R.Commenda della Magione,Libro di tavola 1800-1802,vol.2159,f.264) . In realtà questo complesso non rapprensentò solo un investimento del re per migliorare le condizioni economiche dei suoi sudditi,ma fu volto anche ad aumentare il suo patrimonio personale;infatti la Cantina rappresentava una vera e propria industria in cui i prodotti agricoli grezzi,sia coltivati nel podere reale,che ivi portati dai produttori della zona,venivano trasformati in prodotti finiti pronti per la commercializzazione,che in alcuni casi avveniva anche all’interno della Cantina. Proprio per questo possiamo affermare che questa sua funzione ne fa un esempio unico nel suo genere e antesignano della moderna commercializzazione . I lavori della costruzione procedettero alacremente fino al 1802 e l’Incantina fu consegnata ultimata nel 1803 . Furono spesi complessivamente 18.000 scudi,somma che,come dice lo storico Stefano Marino(Partinico e dintorni,pag.123)fu ben spesa,se diede lavoro a molta gente . La Real Cantina presenta un corpo di grande impatto visivo con i suoi pilastri e i suoi archi a crociera che danno movimento a tutto l’insieme. (  continua)

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