Dal mito androgino di Platone alla complicità dei due interi: ecco come affrancarsi dai rapporti di dipendenza

( Daniela Scimeca)

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                         Platone- Particolare della Scuola d’Atene di Raffaello

Uomo e donna si sono sempre cercati. Questa tensione verso l’altro sesso è, da sempre, uno degli argomenti più affascianti e indagati del sapere umano. Platone, nella sua saggezza, ha ben spiegato questa tensione nel mito dell’androgino, essere perfetto che includeva in sé parte femminile e maschile ed era felice perché completo. Gli dei, gelosi di questa perfezione, divisero l’androgino in due esseri, uomo e donna, che, da allora, vanno in cerca della propria metà, al fine di completarsi ritrovando la perfezione perduta. Il mito ci aiuta a avere una visione più semplice della problematica, ma da solo non basta e gli studi di genere si sono evoluti divenendo una branca, oggi più che mai, molto studiata, se non altro per le pesanti ripercussioni che generano le involuzioni di alcuni rapporti sentimentali.

Al giorno d’oggi, le notizie di cronaca sullo stalking, stupri, brutali uccisioni di donne, mettono in evidenza un problema legato ai rapporti interpersonali tra uomo e donna e generano l’urgenza di riflessioni sulla tematica. E proprio in questo contesto di riflessione che si inserisce Miriam Subirana che col suo libro Complici, edito da Ghena, affronta il complesso groviglio di problematiche nei rapporti umani tra i due sessi. L’autrice è conosciutissima in Spagna, dove si è già classificata ai primi posti della classifica dei libri più letti. Ha scritto diversi saggi e fa dei corsi per educare le persone ad un migliore rapporto con gli altri. Il saggio di Subirana è stato presentato il 23 novembre, a Palermo, alla libreria Kalesa, grazie alla docente e scrittrice Clelia Lombardo che ha organizzato l’incontro, inserito peraltro nell’ambito delle manifestazioni svolte in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Un’occasione davvero proficua per riflette su un tema così attuale.  Nel suo saggio, la Subirana parte dai rapporti familiari e di coppia, ricorda alcune teorie sull’uguaglianza di genere e affronta la degenerazione che colpisce tante coppie, la cui unità ne viene compromessa. Anche il nostro sistema di comunicazione e dialogo, che ultimamente risulta molto cambiato grazie alla tecnologia, ai social network, agli sms, crea distrazioni, banalizza le problematiche, inaridisce l’ascoltarsi, esercizio e pratica fondamentale, per poi imparare ad ascoltare gli altri. Subirana parla anche di concetti come “maschilismo tossico” e “femminilità dipendente” e mette l’accento sulla necessità di superare la visione secondo cui ogni individuo cerca la propria metà per completarsi a favore di una visione più organica che preveda la complicità di due interi, uomo e donna appunto, considerati nella loro unità psico-fisica. Può esistere dunque un modo di essere complici nel rispetto della propria e altrui libertà, senza calpestarsi o sopprimersi. Esiste un modo per essere liberi di scegliere e di esprimersi senza la paura di non essere compresi o capiti. La condivisione può essere la strategia vincente. Per troppo tempo abbiamo considerato il legame con l’altro uno strumento d’appagamento e gratificazione personale, adesso per superare vecchi modelli, occorre ripensare al concetto di persona della sua integrità e unità. Bisogna recuperare una dimensione spirituale che sembra si stia perdendo nella frenesia dell’oggi, e imparare ad ascoltarsi dentro, saper fare un passo indietro per poter analizzare il mondo che ci circonda con obiettività e capire ciò che ci fa star male ed essere in grado di comunicare il nostro malessere. Bisogna avere la capacità di creare il vuoto dentro di noi, per poter capire cosa accade dentro di noi. Non possiamo cambiare il mondo e gli eventi negativi che ci accadono, ma possiamo comprenderli e accettarli, possiamo andare avanti e spiegare le nostre ragioni all’altro, senza che rabbia e desiderio di possesso prendano il sopravvento. Le donne sono sempre ipercritiche, tendono ad analizzare, riflettere, esternare, gli uomini forse hanno più difficoltà a compiere questo viaggio dentro se stessi e forse a volte vanno anche guidati in questo percorso. Alle donne, compagne di vita, dunque il delicato compito di educarli a questo processo.  Stare con qualcuno dovrebbe generare in noi serenità e non limitarci o peggio generare stati d’animo negativi. Troppo spesso, al giorno d’oggi, i rapporti interpersonali e di coppia erroneamente basati sulla dipendenza mostrano tutta la loro fragilità e la loro natura “malata” degenerando in triste epilogo. Mettiamo dunque da parte Platone, che certo ci perdonerà, e tendiamo alla più armoniosa complementarietà degli interi, solo così potremo affrancarsi davvero dalle dipendenze essere finalmente complici.

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