SAN MARTÍN, MITO DELL’INDIPENDENZA ARGENTINA
( Gianfranco Romagnoli)
Sulla facciata dell’antico Albergo del Sole a Roma, in Piazza della Minerva, spicca una lapide marmorea in lingua spagnola, nella quale si ricorda che “Qui alloggiò nel febbraio 1846 il Generale argentino Don José de San Martín, liberatore dell’Argentina, del Cile e del Perù”. La figura di San Martín è forse meno nota di quella del suo contemporaneo Simón Bolívar; tuttavia, non meno di lui, egli concorse a quelle guerre d’indipendenza che, nei primi decenni dell’Ottocento, portarono alla fine dell’impero spagnolo in America ed alla nascita delle moderne nazioni sudamericane.
Si trattò, sulla scia della proclamazione d’indipendenza degli Stati Uniti avvenuta alla fine del precedente secolo, del naturale sfogo di movimenti indipendentisti contro la dominazione spagnola che curava prevalentemente gli interessi della madrepatria a scapito delle popolazioni locali di cui, pure, una élite bianca deteneva le terre e il potere politico ed economico. Come la stessa rivoluzione americana ed i moti che in Europa portarono all’indipendenza dell’Italia, la matrice fu indubbiamente massonica, legata cioè ad un ceto borghese emergente dalle idee innovative. José Francisco de San Martín y Matorras, nasce a Yapeyù (oggi San Martín) il 25 febbraio 1778 . Il padre, Don Juan de San Martín y Gómez, nato in Spagna, era governatore del dipartimento di Palencia del vicereame rioplatense. Trasferitosi in Spagna con la famiglia, intraprende la carriera militare partecipando alle guerre d’Africa e contro i Francesi e guadagnando la medaglia d’oro. Tra il 1808 e il 1810 entra in un’associazione massonica di Cadice che propugnava idee di carattere costituzionale e liberale. Congedatosi, passa poi in Inghilterra, dove contatta politici inglesi che lo mettono al corrente del cosiddetto Piano Maitland, una strategia di liberazione dell’America dalla dominazione spagnola, e si incontra con i compatrioti dell’America latina Carlos María de Alvear, José Matías Zapiola, Andrés Bello e Tomás Guido e altri, che facevano parte della Loggia Lautaro della Grande Fratellanza Americana fondata da Francisco de Miranda il quale, con Simon Bolivar lottava già per l’indipendenza del Venezuela. Tornato a Buenos Aires, riceve nel 1811 dal triumvirato di governo in carica a seguito della cosiddetta Rivoluzione di maggio del 1810, il riconoscimento del grado di Tenente Colonnello e l’incarico di costituire un reggimento con il compito di difendere le rive del Paranà, mentre il Generale Belgrano guida l’esercito del Nord. Con Carlos María de Alvear e José Matías Zapiola fonda la Loggia Massonica Lautaro di Buenos Aires. Seguono sommovimenti e azioni militari di varia fortuna tra indipendentisti e realisti in Paraguay, Cile, Alto Perù (oggi Bolivia), Uruguay e nella stessa Argentina. Il Colonnello San Martín, incaricato di proteggere le rive del fiume Paraná dagli sbarchi realisti, il 3 febbraio 1813 attacca le truppe spagnole sbarcate, al comando del Capitano Juan Antonio Zabala, presso il convento di San Lorenzo, nelle vicinanze di Rosario, e le sconfigge, appropriandosi di armi e cannoni abbandonati dal nemico. In questa battaglia rischia la vita, assalito dai nemici mentre è rimasto bloccato con una gamba sotto il suo cavallo caduto, ma viene salvato dall’eroico soldato Cabral che gli fa scudo col suo corpo: il suo sacrificio è ricordato nella marcia militare chiamata Marcha de San Lorenzo. Entrato nel mito, San Martín torna in trionfo a Buenos Aires. I realisti agli ordini del generale Pezuela, minacciano le province di Salta e Jujuy. La frontiera nord è difesa da gauchos a cavallo, al comando del colonnello Martín Güemes, originario di Salta, che conosce bene il territorio e solleva la popolazione contro il nemico. Intanto, sul Rio de la Plata , la flotta comandata da Guillermo Brown distrugge la flotta realista di fronte a Montevideo e conquista la città nel giugno 1814 . Tutte le forze realiste sono costrette a ritirarsi nell’Alto Perù. Nel 1816 l’Argentina proclama formalmente l’indipendenza dalla Spagna. Nominato governatore di Cuyo, San Martín, con il grado di Generale, col suo piccolo esercito nel 1817-1818 libera il Cile, frattanto rioccupato, insieme al Perù, dagli Spagnoli ormai non più impegnati nelle guerre napoleoniche e che minacciavano la stessa Argentina. Nel 1820 muove contro il Perù e, sconfitti i realisti nella decisiva battaglia di Maipù, ne proclama l’indipendenza e lo governa per due anni, abolendo la schiavitù e il tributo dovuto dagli Indios. Torna in Argentina dove, nel quadro della lotta tra centralisti e federalisti, viene accusato di cospirazione: parte perciò nel 1924 per l’Europa, stabilendosi in Francia a Boulogne-sur-Mer, dove muore il 17 agosto 1850. Soltanto il 28 maggio 1880 , superate le beghe politiche che lo avevano osteggiato, i suoi resti sono traslati ed inumati a Buenos Aires, con gli onori dovuti a un Padre della Patria, quale viene proclamato. Sulla sua tomba si narra sottovoce una storia che viene definita ufficialmente “leggenda”, ma che sembra avere alcuni caratteri di plausibilità. Pare che l’Autorità ecclesiastica si opponesse alla sua inumazione nella Cattedrale a causa dei suoi precedenti massonici. La querelle sarebbe stata risolta con un compromesso, costruendo un mausoleo appoggiato a un muro esterno della Cattedrale stessa; mentre ha un sapore decisamente leggendario il particolare che sarebbe stata pretesa la sepoltura della salma con la testa reclinata verso il basso (l’inferno?). Comunque, quale che sia il giudizio sulla Massoneria e sull’ingerenza di essa e dell’Inghilterra nelle guerre d’indipendenza europee ed americane, resta il fatto che San Martín fu vero e disinteressato eroe e che, senza figure come lui e Bolívar, il Sud America – e nel caso di specie l’Argentina – non sarebbe entrato, sia pure con tutti i problemi che si porta ancora appresso, nel novero delle nazioni moderne e nelle quali è lecito sperare per il futuro.