Salvatore Quasimodo e i poeti siciliani del Novecento
(Tommaso Aiello)
Anche sul versante poetico la Sicilia ha avuto nel ‘900 esponenti significativi. Tra i poeti del primo Novecento occorrerà menzionare Francesco Guglielmino, di Aci Catena(1872-1956), per il singolare crepuscolarismo dialettale di “Ciuri di strata”(1922); tra quelli che hanno poetato anche nella seconda metà del secolo, i catanesi Giuseppe Villaroel (1889-1964) e Arcangelo Blandini (1899-1974). Il primo è stato un poeta solitario, che ha conservato una sua originalità passando attraverso correnti e scuole; il secondo ha declinato la vena classica della forma sul tessuto moderno del suo pensiero .Accanto a Quasimodo vogliamo ricordare altri esponenti di rilievo del ‘900 poetico:Lucio Piccolo (Palermo 1903-1969), i cui Canti Barocchi (1956)si imposero per le raffinate alchimie verbali e la fastosità delle immagini,
è un poeta della quarta generazione (Barcellona 1922-1979),in cui si riassume <<tutta una tradizione lirica,postsimbolista e surrealistica, non solo italiana ma europea >>(vedi R.Luperini), mentre il referente geografico è, in massima parte,puramente indicativo. Sul versante dialettale annoveriamo invece Vann’ Antò (pseudonimo di Giovanni Antonio Di Giacomo), di Ragusa (1891-1960), per l’adesione al mondo subalterno rafforzata nell’impegno civile del dopoguerra(vedi “U’ vascidduzzu”,1956,e il patriarca di Bagheria, Ignazio Buttitta (1899-1997- tra le sue raccolte:”Lu pani si chiama pan”, 1954, ”La peddi nova”,1963; ”Io faccio il poeta”(1972), la cui Musa popolare è attenta al vivere quotidiano della povera gente, all’impegno antifascista,agli ideali di convivenza civile ed umana. Nel secondo dopoguerra,a smuovere le acque,a rinvigorire la produzione realistica poetica e narrativa,sulla scia della problematica neorealistica,concorse anche la denuncia delle contraddizioni sociali e dell’arretratezza della Sicilia da parte di autori non siciliani:si pensi alle pagine documentarie di “Le parole sono pietre(1955)di Carlo Levi o i volumi di impostazione saggistica del triestino Danilo Dolci:”Banditi a Partinico(1955),Inchiesta a Palermo(1956),Spreco(1960),ai suoi disperati Racconti Siciliani(1963),derivati da queste indagini denunce.
Ma su tutti si erge la figura di Salvatore Quasimodo nato a Modica,in provincia di Ragusa,il 20 agosto del 1901 da Gaetano Quasimodo e Clotilde Ragusa.Egli trascorse la sua infanzia in vari paesi della Sicilia dove via via si era trasferito il padre che faceva il capostazione.Subito dopo il terremoto di Messina del 1908 andò a vivere lì,dove il padre era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione ferroviaria.A Messina frequentò le scuole tecniche presso l’Istituto “Jaci” dove conseguì il diploma di geometra.Dal 1919 al 1926 visse a Roma per frequentare il Politecnico e laurearsi in ingegneria,ma le ristrettezze economiche e gli interessi per il latino e il greco lo dissuasero presto da quel tipo di studi.Nel 1926 si impiegò presso il Genio Civile di Reggio Calabria e nel 1929 trasferito a Firenze,fu introdotto da suo cognato Elio Vittorini,nell’ambiente letterario della rivista “Solaria” dove conobbe Montale, La Pira, Loria e cominciò le sue pubblicazioni poetiche.
Nel 1930 pubblicò la sua prima raccolta di versi ”Acque e terre” e nel 1932 trasferito a Genova conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità più in vista che gravitavano intorno alla rivista “Circoli” ,con la quale il poeta iniziò una fattiva collaborazione pubblicando la sua seconda raccolta”Oboe sommerso” nella quale sono raccolte tutte le sue poesie scritte tra il 1930 e il 1932,dove comincia a delinearsi con maggiore chiarezza la sua adesione all’ermetismo. Nel 1934 il poeta si trova a Milano,dove, accolto dall’ambiente culturale milanese, lasciò il Genio Civile per dedicarsi completamente alla poesia e soprattutto alla collaborazione con “Letteratura”,una rivista vicina all’Ermetismo. Nel 1938 pubblicò una raccolta antologica intitolata “Poesie”,e nel 1939 iniziò la mirabile traduzione dei lirici greci che pubblicò nel 1940 ottenendo tali consensi che nel 1941”per chiara fama” fu chiamato ad insegnare letteratura italiana al Conservatorio di musica”Giuseppe Verdi di Milano. Intanto scoppiata la seconda guerra mondiale,il poeta ne fu profondamente sconvolto e maturò l’idea che la poesia dovesse uscire dalla sfera aristocratica del privato per interessarsi delle problematiche sociali e civili,intenta a “rifare l’uomo” abbruttito dagli orrori della guerra. Pur professando chiare idee antifasciste,non partecipò attivamente alla Resistenza;in quegli anni si diede alla traduzione del “Vangelo secondo Giovanni”,di alcuni”Canti” di Catullo e di episodi dell’Odissea che verranno pubblicati solamente dopo la Liberazione. Nell’ottobre del 1942 entrò a far parte con “Ed è subito sera” della collezione di Arnoldo Mondatori:”Lo Specchio”-“I poeti del nostro paese”ed io ho avuto la ventura di trovare la terza edizione del 1944 con un saggio di Sergio Solmi,così come sono in possesso di un’altra raccolta di poesie del 1947”Giorno dopo giorno”con un saggio di Carlo Bo.Diciamo subito che la raccolta di “Ed è subito sera” ingloba le poesie scritte tra il 1936 e il 1942 e prende il titolo dalla lirica”Ed è subito sera”:”OGNUNO STA SOLO SUL CUORE DELLA TERRA – TRAFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE; -ED E’ SUBITO SERA.”
L’impegno di “rifare l’uomo” si riscontra in tutte le successive raccolte poetiche di Quasimodo:Giorno dopo giorno(1947),La vita non è sogno”(1949”,La terra impareggiabile(1958).Nel 1959 gli fu attribuito il premio Nobel per la letteratura,dopo che l’anno prima aveva vinto il premio Viareggio.Nel 1960 ottenne la laurea honoris causa dall’Università di Messina e nel 1967 da quella di Oxford.Nel giugno del 1968,mentre si trovava ad Amalfi fu colpito da un ictus che lo portò alla morte dopo pochi giorni all’ospedale di Napoli. ( Continua)