LA CARTA COSTITUZIONALE SICILIANA DEL 1812 – Parte II

(Renata De Simone)

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Palazzo dei Normanni-Sala d’Ercole

I tre bracci si riuniscono prima in sedi separate: il ramo ecclesiastico nel Palazzo Arcivescovile, il ramo demaniale nel Palazzo Senatorio, il ramo baronale nel Collegio Massimo dei PP. Gesuiti, ma dopo le prime cinque sedute, per motivi di comodità e di sicurezza (si era verificato,la sera del 12 agosto, il lancio di una rudimentale bomba nella sala del Palazzo arcivescovile mentre era riunito il braccio ecclesiastico), il re concede l’uso di alcuni locali del Collegio Massimo dei PP. Gesuiti per tutti i partecipanti all’Assemblea. Il testo in discussione è quello preparato da Paolo Balsamo, abate, titolare della cattedra di Agricoltura presso la Reale Accademia di Palermo, economista e studioso dei fattori determinanti l’arretratezza della Sicilia, nonché fautore di riforme strutturali, proposte al vicerè principe di Caramanico. Sono le: Memorie economiche ed agrarie riguardanti il Regno di Sicilia, del1803.

La sua ricetta di ammodernamento della cultura agricola siciliana passava attraverso la soppressione dei vincoli feudali che ne impedivano il corretto investimento e il necessario sviluppo. Entrato nel 1810 in Parlamento come membro del braccio ecclesiastico, divenne amico e collaboratore nel progetto di riforma politica del regno di Giuseppe Belmonte, principe di Ventimiglia, raffinato oppositore del governo borbonico e di Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, aspramente contrario alla politica accentratrice dei Borboni, firmatario, insieme ad altri nobili siciliani di una formale protesta contro un pesante donativo imposto dal re nel Parlamento del 1810 e perciò arrestato e successivamente liberato da lord Bentinck, che comandava il presidio antifrancese in Sicilia. Il testo approvato in Parlamento di quella che doveva diventare la Costituzione siciliana del 1812 fu molto modificato dalla bozza iniziale, ma conteneva i principi ispiratori della stessa e rifletteva il modello inglese, su cui aveva già tratto diversi spunti un altro illustre siciliano, impegnato nei lavori del Parlamento dal 1810 e successivamente nominato rappresentante della Camera dei Comuni negli anni 1813 e 1815: Nicolò Palmeri, laureato in Giurisprudenza a Catania e indirizzato agli studi di economia dal concittadino Balsamo. E’ lui l’autore del Saggio storico e politico della Costituzione del Regno di Sicilia infino al 1816 pubblicato postumo nel 1847. Sono sintetizzati nel preambolo del testo della Costituzione sanzionato dal sovrano, i motivi ideali della pubblicazione, cioè provedersi …non solo ai bisogni dello Stato, ma ancora alla correzione degli abusi, al miglioramento delle Leggi e a tutto ciò che interessar potesse alla vera felicità di questo fedelissimo Regno ; si passa quindi all’elenco, in 12 punti, delle Basi della nuova Carta Costituzionale. I punti salienti riguardano la forma del Parlamento, che sarà composto da una Camera dei Comuni, con rappresentanti delle Università sia demaniali che baronali, e una Camera detta dei Pari costituita dai feudatari ed ecclesiastici che prima sedevano nel braccio ecclesiastico e militare e altri eletti dal re. Il punto 4 recita che il potere giudiziario sarà distinto e indipendente dal potere esecutivo e al punto 11 si afferma che in Sicilia non vi saranno più feudi e tutte le terre si possederanno…come in allodi…conservando però ogni Famiglia i titoli e le onorificenze. Nello snodarsi degli oltre cinquecento articoli vengono toccati tutti gli aspetti dell’organizzazione dello Stato , con norme relative ai diritti dei cittadini, alla proprietà terriera, alla religione, alle Magistrature, molte delle quali vengono abolite, alle finanze, alla struttura amministrativa dell’isola, ai criteri di elezione dei rappresentanti dei Comuni. Benchè i noti eventi storici che fecero seguito al Congresso di Vienna e i successivi decreti regi che si susseguirono dal 1814 al 1816 resero di fatto inattuata la Carta costituzionale del’12, la classe culturale dell’Isola non può fare a meno, oggi, a distanza di due secoli, di rileggerla cercando nel testo i chiari elementi di civiltà presenti (basti pensare alla riforma della giustizia e lo stimolo dato per una revisione dei Codici, o l’affermazione della libertà di stampa) e tener vivo il ricordo della cittadinanza siciliana su un organo politico che pur tra lunghissime discussioni e confronti, talvolta accesi, di opinione e di interesse, seppe dare con il suo impegno al popolo siciliano un luminoso esempio di sincero interesse per il bene comune.

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