Una mano celeste negli stucchi del Serpotta
(Tommaso Aiello)
Con l’affermarsi del Barocco,la modellazione delle figure e gli schemi decorativi diventano più liberi,inserendosi e rispondendo al nuovo concetto di spazialità.L’ornamentazione in stucco ha,rispetto all’architettura,un duplice ruolo:di completamento in molti casi,di trasformazione dello spazio stesso in altri. All’interno di chiese,cappelle e oratori,gli spazi occupati sono quelli delle volte,dei cornicioni,delle cupole,degli archi attorno alle finestre e tra le colonne. Angeli,virtù,putti,allegorie,siedono sui cornicioni,si affacciano dalle cupole,si sporgono da nicchie e altari, si librano nell’aria;nuvole leggere circondano colonne,altari,avvolgono le sculture, si distribuiscono sulle volte :fregi geometrici,cartigli,cartelle e volute,fasce,festoni,finti tendaggi definiscono le superfici,le coprono o le evidenziano,con una molteplice e varia rielaborazione di un patrimonio figurativo desunto dalla classicità,dalla cultura manieristica e dalla natura.
Sculture a tutto tondo di santi e beati affiancano le pale d’altare o sono collocate entro nicchie lungo le navate e nelle cappelle:medaglioni e riquadri,talvolta retti da putti e angeli,o circondati da fasce architettoniche o festoni,mostrano scene modellate a bassorilievo.Ciò non toglie che artisti come il Serpotta occupino intere facciate per esprimere con la sua arte scenari più complessi. Il Serpotta è infatti il più fantasioso ed originale plastificatore che mai sia esistito. Le mille gaie e serene figure di donne e di putti che allietano le pareti di numerosi oratori Oratorio Santa Cita –Addobbo decorativo – Foto Aiello palermitani, sono un canto di lirismo fresco e sereno elevato alla vita e all’infanzia.
Giacomo Serpotta (Palermo,1656-1732), figlio dello scultore e stuccatore Gaspare,è considerato il massimo artista dello stucco in Europa e uno dei massimi scultori italiani del Settecento.La sua fu una vera e propria rivoluzione stilistica e culturale tale da eclissare in breve tempo molte generazioni di scultori precedenti.Riuscì infatti a rinnovare la tecnica tradizionalmente povera dello stucco in un’arte raffinata,ricercata ed estremamente alla moda.
Alcamo-La Giustizia- palermitano : Chiesa di Santa Chiara
Conoscitore esperto qual era dei segreti del materiale e della tecnica,oltre che abile modellatore fu originale inventore.Lavorò intensamente nella sua città,ma com’è noto ricevette commissioni anche ad Agrigento,Monreale,Alcamo e Messina,per opere che purtroppo,per la violenza e per la noncuranza degli uomini o per eventi tragici della storia(come il bombardamento di Palermo nel 1943),non ci sono giunte nella loro integrità originaria.Di alcune possediamo la testimonianza delle fonti scritte,ma c’è da credere che di molte altre si siano perse le tracce.Il primo intervento riconosciutogli,nella chiesa della Madonna dell’Itria a Monreale,rivela capacità ancora acerbe che invece risulteranno assai più rilevanti nelle pareti dell’oratorio di San Mercurio a Palermo,in cui compaiono le prime avvisaglie dei suoi tipici angiolini e putti. La sua arte si incammina quindi su un doppio binario,espressioni artistiche locali ed esempi colti romani e napoletani,certamente tratti dalle innumerevoli fonti a stampa cui dovette venire in possesso nel corso del tempo e per i contatti con i principali artisti coevi attivi nel Alcamo-La Giustizia- palermitano: gli architetti Giacomo Amato e Paolo Amato,i pittori Chiesa di Santa Chiara Antonino Grano e Pietro dell’Aquila.Proprio ad una probabile colla= borazione progettuale con Giacomo o Paolo Amato si deve il primo dei suoi capolavori: l’oratorio del Rosario in Santa Zita o Cita(1685-88 e 1717-18). La sua arte si incammina quindi su un doppio binario,espressioni artistiche locali ed esempi colti romani e napoletani,certamente tratti dalle innumerevoli fonti a stampa cui dovette venire in possesso nel corso del tempo e per i contatti con i principali artisti coevi attivi nel Alcamo-La Giustizia- palermitano:gli architetti Giacomo Amato e Paolo Amato,i pittori Antonino Grano e Pietro dell’Aquila.Proprio ad una probabile colla= borazione progettuale con Giacomo o Paolo Amato si deve il primo dei suoi capolavori: l’oratorio del Rosario in Santa Zita o Cita(1685-88 e 1717-18).
Controfacciata dell’oratorio di Santa Cita –Foto Aiello
Qui appare incredibilmente trasformato rispetto alle esperienze precedenti.Dimostra una capacità inventiva eccezionale nella realizzazione dell’ambiente,allora del tutto libero,riuscendo a creare un apparato scultoreo di straordinaria efficacia espressiva e profondità semantica,distaccandosi del tutto dai suoi pur valenti colleghi stuccatori coevi.La barocchissima,prodigiosamente fantasiosa ed originale ornamentazione di queste pareti rappresenta,unitamente all’oratorio di San Lorenzo,la massima espressione del genio artistico di Giacomo Serpotta.Nessuna foto può rendere l’emozione del visitatore che direttamente posa il suo sguardo sulle figure che emergono dagli spazi parietali:grazie alla cura per l’espressione,gli sguardi,i gesti,gli atteggiamenti,esse sembrano prendere vita,intessendo un fitto dialogo tra loro e con gli astanti.Lo scultore palermitano inventa una fantastica e originale forma di architettura che dà luogo ad una spazialità dilatata,mossa da una continua animazione luministica.
Particolare della controfacciata di Santa Cita – Foto Aiello
Egli sfrutta la relativa levità della materia,i sottili e ariosi effetti di luce che possono ottenersi per le tonalità chiare e lucide dello stucco.
Oratorio di Santa Cita-Allegoria della Musica.
In quest’opera il Serpotta raggiunge la maturità che prelude agli svolgimenti futuri della sua arte.Le figure allegoriche sono rigorosamente conformi ai precetti dell’iconografia,ma il loro carattere didascalico si stempera nei giochi dei puttini.
Oratorio di Santa Cita-Allegoria della Carità e dell’Umiltà – Foto Aiello
Il modello dei panneggi e dell’anatomia acquista morbidezza e fluidità e l’impianto decorativo reclama la propria autonomia nei confronti delle statiche strutture architettoniche dell’ambiente.Quì l’autore rivela non solamente la sua abilità nel trattare lo stucco,che richiede una mano veloce,ma anche la sua sincera vena poetica. Le figure femminili indossano a volte dei costumi all’antica:panneggi morbidamente avvolti sui corpi secondo cadenze classicheggianti;altre volte invece esibiscono,persino con un po’ di civetteria,vesti e copricapi all’ultima moda. In queste ultime emerge lo scultore attento osservatore della realtà,del quotidiano,sia esso grazioso e lezioso,sia semplice e vero.
Oratorio di Santa cita –Allegoria della Fortezza e della Sapienza.-Foto Aiello
Forse una delle caratteristiche più belle e fresche della sua arte.Colpiscono soprattutto alcuni rilievi,che assumono forme di veri e propri palcoscenici,tanto da sembrare,come è stato rilevato,piccoli “teatrini”di stucco o “teatrini prospettici”.La similitudine col mondo del teatro regge anche facendo riferimento alle statue allegoriche,di più grandi dimensioni,che si sporgono da nicchie dorate e piedistalli verso lo spazio circostante,recitando così la loro parte:Tutte insieme le sue figure vivono in unità,”in un accordo che è di senso quasi musicale e teatrale”.Che cosa possa averlo trasformato in maniera tanto netta,in un così breve tempo,non è ancora chiaro;certo è che da questo momento da stuccatore diviene uno scultore,capace di padroneggiare la materia,i grandi spazi e le decorazioni minute.(Continua)