I vent’anni ( seconda parte) *
(Raffaello Piraino)
Giovane, entusiasta e deciso qual ero, avrei accolto una lezione( dalla frequentazione del set del Gattopardo) che sarebbe stata il filo conduttore di tutta la mia vita. Quello rappresentò l’incontro col rigore per l’arte, perseguito all’estremo in ogni campo quel film toccasse. Ero rimasto suggestionato dai magnifici costumi disegnati da Tosi e dal perfezionismo parossistico di Luchino Visconti nella ricerca del particolare, che si era esteso fino a forgiare la prorompente bellezza di Angelica, impersonata dall’attrice Claudia Cardinale, agli ideali del tempo. Costretta nel corsage dell’abito color corallo che le imponeva gesti e movimenti del tutto simili a quelli delle fanciulle di metà ‘800 , si lasciava inseguire da Tancredi nella soffitta del palazzo ( di Donnafugata).
Quella sequenza di camere in successione è rimasta particolarmente impressa nella mia memoria…Solo chi è nato in Sicilia può comprendere cosa siano le soffitte dei nostri grandi palazzi: quei luoghi taciti della memoria, ingombrati da una quantità di oggetti polverosi, affastellati in anni, secoli di vita di una grande famiglia, dove tutto viene conservato, generazione dopo generazione con la cura meticolosa di chi ha rispetto degli avi, di chi ha il culto sacro per coloro che non sono più….fu così che ho cominciato a collezionare, qualche decennio dopo, gli abiti e gli accessori, spinto da un iniziale curiosità e dopo dalla necessità di comprendere ed approfondire il perché di quelle fogge, della loro evoluzione e del come si celi, dietro la mutevolezza della moda, la promessa, sempre rinnovata, di un ideale assoluto di Bellezza. Credo che sia importante tramandare attraverso la narrazione, orale o scritta, la storia di vita di qualcuno qualora questa sia rappresentativa di un’epoca. Infatti, il romanzo storico e il racconto biografico concorrono a comprendere la temperie di una Sicilia di ieri, immersa nei suoi riti generatori di mitologie. Per tale comprensione si hanno due vie : affidarsi alla scientificità della metodologia etno-antropologica , oppure farsi guidare dai grandi narratori che qui sono nati e che in questi luoghi hanno scelto di far vivere i loro personaggi. Io ho scelto la seconda, perché è attraverso questa che sono giunto allo studio e al collezionismo di abiti e di molta altra roba. Sono così riuscito ad udire, attraverso Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, quel brusio familiare quando dopo il rosario le donne si alzavano lentamente, e l’oscillante regredire delle loro sottane lasciava a poco a poco scoperte le nudità mitologiche che si disegnavano sul fondo latteo delle mattonelle.
· In “ L’Airone bianco ed altri racconti” – Coppola editore