Quale futuro?
(Natale Caronia)
In un recente articolo il giornalista Maurizio Ricci ricorda come siano stati necessari ottomila anni per passare dalla rivoluzione agricola a quella industriale, centoventi anni per l’invenzione della lampadina, novant’anni per l’atterraggio sulla luna, ventidue anni per l’invenzione di internet e nove anni per leggere la sequenza del genoma umano. Oggi fa sorridere ricordare che Marco Polo impiegò anni per rientrare a Venezia dal Catai. Durante questa rapida accelerazione della tecnologia, si è avuto lo spostamento progressivo dell’occupazione manuale dell’uomo che, grazie alla meccanizzazione, ha gradatamente abbandonato il pesante lavoro dell’agricoltura, passando all’industria; ma anche qui, robotica e digitalizzazione stanno riducendo l’impiego.
Nelle società post-industriali si osserva il travaso lavorativo nei servizi; ma anche qui la digitalizzazione sta riducendo progressivamente il numero degli addetti: pensate ad esempio al ceck-in elettronico negli aeroporti, alla possibilità di organizzare viaggi via internert, alle prenotazioni ed acquisto di biglietti e beni di consumo con carte di credito per via digitale. Anche la richiesta di documenti può essere evasa per via elettronica e sorge l’idea che molti uffici pubblici possano essere sostituiti da server, con vantaggio del servizio in tempo reale risparmiando, seppure col conseguente esubero di personale. Estrapolando tale pensiero, sullo sfondo dell’incremento della digitalizzazione, si può ritenere che la stragrande maggioranza di uffici potrebbe essere sostituita da server , potrebbe esser ridotto il numero dei funzionari addetti ai controlli, espletabili nel proprio domicilio, ed abolizione degli spostamenti pendolari, limitando l’uso di autovetture ed il consumo di carburante. Ciò comporterebbe la riduzione delle vendite di autovetture e di carburanti, con ripercussioni negative sulla richiesta e relativa riduzione degli addetti di quelle produzioni. Molti anni fa nacque un pensiero contrario all’evoluzione tecnologica perchè privava l’uomo del suo lavoro manuale; pensiero perdente perché non si può fermare il progresso, soprattutto in un mondo globalizzato. D’altro canto è stato stimato che negli USA, da quando è stato spinto il processo di informatizzazione (1995), si è osservato l’aumento della produttività del 2,5 – 3% l’anno con lo stesso numero di lavoratori, ossia è aumentata la ricchezza prodotta col 2 – 3% di lavoratori in meno. Cosa fare? Osserviamo cosa fanno gli altri. La Corea del Sud, superata la fase critica mondiale del 2008, è portata ad esempio per la strategia di uscita dalla crisi, per aver investito nell’istruzione, investimenti, stimoli fiscali, favorito i consumi, aumentata la spesa pubblica e svalutazione (30%) e, soprattutto, con l’innovazione ponendosi all’avanguardia per numero di brevetti. Sapremo noi fare qualcosa di simile, noi che riusciamo a spendere a malapena il 10% dei fondi europei assegnati? Sapremo scrollarci di dosso incrostazioni, falsi problemi, bagarre per la gestione di poltrone che ci condannano all’immobilismo? Non abbiamo più molto tempo a disposizione e vorrei poter dare risposte ai miei nipotini che stanno crescendo.