“La dannazione” di Gilliam
(Carmelo Fucarino)
Peter Hoare e Christopher Purves (credit T. Kenton)- Edizione ENO – Coliseum
A Palermo – PhotoGallery Massimo
Difficile, quasi impossibile, trattare in un blog di un’opera, se: 1. la storia è stata rielaborata da una decina di testi letterari, a partire da Johann Spies, inventore del tema nel 1587, e da Christopher Marlowe (Il dottor Faust, 1589-1592) fino a Thomas Mann (1948), attraverso le edizioni pentimenti ampliamenti di Goethe (dall’Urfaust del 1780, alla II parte del 1832); 2, il tema è stato di ispirazione a qualcosa come circa 190 opere musicali di ogni genere, massima fra tutte il Mefistofele di Arrigo Boito (Wagner, Schumann, Liszt, Mahler); 3, l’originale di Goethe è stato adattato e trasformato da Berlioz in dannazione, troncati la redenzione e l’amore salvifico di Margherita (mi turba sempre la vicenda di Michail Bulgakov con il suo Il Maestro e Margherita, rivissuto in diverse stesure dal 1928 al 1940 e pubblicato postumo a puntate nel 1966-67); 4, lo stesso Berlioz ha oscillato tra poema sinfonico o improbabile opera, elaborando il tema musicale a partire dalle Huite scenes de Faust del 1829, che l’anno successivo gli ispirò la geniale e portentosa Symphonie fantastique («Immediatamente dopo le otto Scènes de Faust, e sempre sotto l’influsso di Goethe, scrissi la Symphonie fantastique), a La damnation de Faust, eseguita in forma di concerto nel 1846 con un fiasco sonoro, fino all’ultima lettura «La damnation de Faust, Légende dramatique en quatre partie e dieci quadri su libretto di Hector Berlioz, Almire Gandonniére e Gerard de Nerval dal Faust di Goethe», per dire esattamente che il capolavoro tedesco è solo un pretesto e il soggetto è creazione originale di Berlioz, un suo mostruoso ibrido, opera non opera, con un certo effetto pompière; 5, infine e non per ultima entra in campo la genialità inventiva e creativa di Terry Gilliam, balzato alla ribalta cinematografica con la rilettura dissacrante di Orwell in Brazil del 1985, divenuto il “regista visionario” degli effetti speciali con Le avventure del Barone di Münchausen, passando per La leggenda del re pescatore e approdando nella fantascienza delle dodici scimmie e nella fantasia di I fratelli Grimm e l’incantevole strega. Allo standing ovation finale l’urlo da stadio è andato proprio al registra di cinema nel primo cimento con un’opera lirica.
Si deve dire che il tema doveva essergli congeniale, se l’ultima sua fuga nel fantastico e nell’immaginifico aveva a che fare con Mefistofele. Il suo Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo era la prova di questo straniamento attraverso il dono del diavolo, il viaggio magico nello specchio, concluso tragicamente con la morte a 29 anni del sorprendente Heath Ledger (per tutti gli scandalosi Segreti di Brokeback Mountain). Perciò da Gilliam bisogna partire e finire. Già collaudata all’ENO (English National Opera, London Coliseum), la Dannatione è opera originale del regista che vi ha trasferito le sue ossessioni oniriche sulla guerra. Sua la identificazione di Mefistofele, Male assoluto, nel Nazismo, scelta ovvia e banalizzata. Sua la lettura scenografica, dal cubo pensatoio della scienza indirizzata ai numeri allo sfondo dell’orrida vallata magiara, ai travestimenti grotteschi e ridondanti di gnomi e silfi, ai continui cambi di divise e di vestiti, ma soprattutto sua la lettura della vicenda in una sarabanda allucinante e trascinante di strumenti multimediali, che si precipitano sulla scena, tutta la recente tragedia del popolo tedesco (solo?), nella tregenda dei campi di battaglia in crudo bianco e nero, nell’invenzione della spartizione della torta, nelle performance ginniche dello spettacolo Olympia (vinse la Coppa Mussolini a Venezia nel 1938), confezionato da Leni Riefenstahl per le Olimpiadi di Berlino del 1936, la turbinosa cavalcata verso l’abisso su sidecar (i due cavalli neri Vortex e Giaour) verso un impossibile inseguimento, e infine la svasticazione a testa in giù (come san Pietro?) nella versione della tragedia ebraica marcata dal sarcasmo di «Arbeit macht frei». Cosa è rimasto dell’opera, già per se stessa di difficile collazione? Cosa è rimasto di Berlioz? Forse è un’altra vendetta di Mefistofele che egli riceva lo stesso trattamento che aveva riservato a Goethe, da lui vanamente citato come fonte.
La grandiosità della realizzazione, il Kolossal, è stata da tutti percepita, aficionados e semplici spettatori, in questo sforzo grandioso di rendere il “grandioso”, già insito nell’impianto orchestrale. Forse nella “meraviglia” mediatica di stampo barocco marinista, come di solito, è passata in secondo ordine la musica, diretta da un Abbado, Roberto, figlio di Marcello e nipote di Claudio. Perché in questa prova è stata la vera rivoluzione musicale che, dato un taglio alle creazioni ottocentesche a cominciare dalla grandiosa fortuna della sinfonia, oscillava tra la soluzione sonora di paesaggi e stati d’animo e imprecisate forme operistiche, nel preannunzio di Mahler. Probabilmente era il poema sinfonico che sollecitava il genio di Berlioz (del 1893 il Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy e Nuovo Mondo di Dvorak). Pertanto spesso sono eseguiti separatamente i tre pezzi orchestrali, la Marche Hongroise, una geniale versione della Marcia di Radoczi, che si sovrappone al canto dei contadini, la parodia della Fuga Amen, il portentoso Ballet des sylphes e il Menuet des folles. Perfetto Lucio Gallo nella canzone della pulce, Une puce gentille, e con il coro di folletti Que fais-tu? Ha!, incantevole Anke Vondung nella ballata Autrefois, un roi de Thulé, e in D’amour l’ardente flamme, dolci le sonorità di Gianluca Terranova (sarà Caruso nella miniserie RAI) in Merci, doux crépuscule! e in Nature immense, impénétrable et fière.
«The irony of Gilliam’s Damnation of Faust is that audiences who might otherwise howl with rage at more original, challenging work will applaud Gilliam’s indifference to the original. Self referential gags are peppered throughout the production so the audience don’t forget they’ve come for Monty Python, not Goethe or Faust. This is an example of the much maligned but usually misunderstood “Director opera” with a vengeance, but audiences take it because the director happens to be someone popular (and not German)» (Anne Ozorio, Opera Today, 9 May 2011).
Thanks for the article! We attended the unforgettable opera night on the 22nd January 2012 and it was really a fantastic event with great director, Terry Gilliam, magnificent conductor, Maestro Roberto Abbado and the great singers, our absolute favorite tenor, GianLuca Terranova, who is a brillant, exciting and fantastic singer, but a great actor as well! Because of him, we have taken the long journey from Cologne, Germany to beautiful Palermo, Teatro Massimo! Yes, the whole performance was just splendid and we will never, ever forget!!