CENTOCINQUANT’ANNI DOPO

(Gabriella Maggio)

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Col 2011 si sono concluse le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, senza sconfinare nella facile retorica patriottarda, anzi dando spazio alle ombre del processo di unificazione. Senza dubbio le celebrazioni sono state un’occasione per “guardare dentro noi stessi” come ha detto Giuliano Amato, presidente del Comitato, e realisticamente capire che la riflessione, pur avviata, non è ancora giunta ad individuare con chiarezza “ i fini verso i quali orientare ciò che facciamo”( intervista su La Repubblica del 30-12-2011). L’anniversario è stato piuttosto accidentato se pensiamo che alcuni Italiani, sentendosi profondamente padani, hanno invocato ed invocano la secessione o che l’Italia è scivolata molto in basso nella reputazione internazionale o che attraversa una crisi economica gravissima , di cui ha preso coscienza negli ultimi mesi dell’anno appena trascorso.

Ma forse il richiamo alla storia, alla ricerca nei propri album di qualche istante di notorietà dell’avo, ha contribuito a spezzare il senso di eterno presente in cui eravamo precipitati nell’ultimo ventennio. Le celebrazioni hanno infatti spinto tanti di noi nelle diverse parti della penisola a rintracciare le proprie origini e la partecipazione al processo unitario; nei luoghi della cultura, inoltre, sono state ritrovate e rinnovate le radici della nostra tradizione. Molte manifestazioni hanno coinvolto anche i giovani delle scuole di ogni grado. Pertanto il bilancio delle celebrazioni è ad oggi positivo. Come positiva è stata la realizzazione dell’Unità nazionale, nonostante i vari e reiterati processi revisionistici, spesso quietisticamente fondati su un passato “ edenico” insuperabile ed insuperato, perché ha portato all’Italia diversi benefici : lo Stato costituzionale, la lotta all’analfabetismo, l’aumento del reddito pro capite, il miglioramento della condizione femminile (tanto per citarne alcuni). Questo si è realizzato nella storia d’Italia. Ma anche oggi, in questi nostri tempi non eroici, la celebrazione del percorso unitario porta qualcosa di buono: prendere coscienza di noi stessi, dei nostri errori e tornare a guardare verso il futuro, progettare una migliore società più giusta e attenta all’uomo e non alla sua funzione, come molti Italiani fecero durante il Risorgimento. In più credo che essa ponga a ciascuno di noi una domanda ineludibile : cosa faccio io per l’Italia nel breve perimetro della mia scrivania, della mia stanza ?

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