DOMENICO TEMPIO E LA POESIA DEL PIACERE- Terza parte
(Tommaso Aiello)
Lu”Veru piaciri” , secondo Domenico Tempio, si articola in quattro parti che in un duro travaglio si accrescono di diverse ottave di volta in volta. La schiera dilettevole dei piaceri,nasce con l’uomo,e l’uomo,nel suo stato di grazia se li gode onesti,puri,convenienti. Don Micio (diminuitivo di Domenico) crede ancora nell’età dell’oro; lui,lilluminista! Perchè se ci fu tempo in cui tutti gli uomini sfogarono i loro istinti bestiali,questo avvenne proprio quando Eros dispiegò,senza alcuna inibizione,il suo prorompente dominio. Ad ogni modo a turbare lo stato della presunta innocenza,giunge inattesa l’Avidità,e con lei tutta una serie di orribili mostri; i veri piaceri fuggono in esilio, riparano nelle incontaminate campagne. Vengono stanati dalle selve, dagli anfratti,dai burroni,cedono vinti davanti all’abbaglio di una moneta d’oro;tutti,eccetto uno,figlio della casta Virtù e del Buonsenso:il Vero Piacere che elegge,come sua sede naturale il cuore di un patrizio catanese,quello del Bonaiuto e lo incita alla magnanima impresa,lo invita a contemplare la bellezza,quale appare nella sua limpida sorgente. Mentre l’anima si estasia,rapita dal suo stesso incantamento,il Genio,quello del Bonaiuto,incomincia la sua attività meravigliosa penetrando tutto,nello svolgersi incessante delle molteplici idee;e intanto coglie della natura i pregi essenziali,la semplicità,l’economia,la varietà. E l’Arte? L’Arte se ne sta quasi in cruccio,timida e appartata,non ha l’ardire di manifestarsi,teme di recare offesa ai disegni del Vero Piacere. Ma il Bello la toglie d’impaccio,la chiama come compagna all’opera;sicchè tra Arte e Piacere si accende una nobile gara.
Catania,Monastero dei Benedettini(disegno di Salvatore Zurria)
Il secondo canto ammira la Villa già costruita sul poggio.Questi luoghi,ribadisce il poeta,erano un tempo incolti ed acerbi,aspri e frastagliati di massi disseminati dall’Ignivomo(l’Etna).Il richiamo all’eruzione devastatrice si fa rievocazione della fascinosa leggenda dei fratelli Pii,Anfinomo ed Anapia.L’interno ignora i fasti dell’oro e dell’argento,degli specchi e dei cortinaggi di damasco,ma conosce la gioia delle idee dispiegatesi dal Genio,e soprattutto,il piacere impagabile della Pulizia.L’Accortezza,la Comodità,l’Eleganza,la Galanteria,il Buonsenso popolano le molte stanze;larve della notte di un gusto malaccortamente filosofico,rimangono mute e circospette,diffidenti del loro stesso simbolismo.
Catania,Piazza della Regia Università.Disegno di Salvatore Zurria.
Parlano di più i preziosi ritratti degli illustri catanesi,che fregiano le pareti delle sale.Don Micio,il Cicerone amoroso,si esalta nel ricordo dei “luminari del Regno”.Il Cicerone,seguito dal visitatore sale per una scala a chiocciola sino alla aerea terrazza da dove si gode un panorama irresistibile.La vista spazia all’intorno,l’occhio si perde nelle “remote immensità profonde”,dove cielo e terra sembra che si tocchino,ma Catania è lì sotto ai suoi piedi.Poi passa in rassegna,orgoglioso di essere catanese,i templi,le cupole,i campanili che sovrastano l’agglomerato urbano:l’Albergo dei Poveri,la Cattedrale,il Castello Ursino,il Cenobio dei Benedettini,l’Ospedale di S.Marco,l’Università.
Catania,Piazza della Regia Università.Disegno di Salvatore Zurria.
Al di là di Catania si apre l’immensa distesa del mare. Poi a tramontana della Villa al Borgo sorge maestoso l’Etna con le sue nevi immacolate e il suo fuoco devastatore e purificatore. Siamo alla quarta e ultima stazione dove l’occhio può visitare il giardino che circonda la Casina cinese,gli Orti esperidi,o quelli di Babilonia,o gli altri di Lucullo che parlano di un passato da leggenda. Ma per il poeta conta il presente e il presente sono le piante e i fiori,i ruscelli e le grotte,l’allegoria dei vegetali e la favola di Pomona.Nella Villa del Borgo c’è posto soltanto per i fiori,per i loro colori,per i loro profumi e per i loro simboli. Il prospero e felice matrimonio tra il Bello e la Varietà-la terza favola-è invenzione del cuore innamorato di un notaio.Quando Madre Natura,-racconta il poeta-,diede al Bello in sposa sua figlia,la Verità,le assegnò in ricca dote tra l’altro come vestiti giornalieri mille e diverse specie di verdure;come vestiti di”comparsa”prati ameni ricamati di fiori;come biancheria le nevi immacolate della montagna,come gioie tutti gli smeraldi,i rubini,i topazi,le gemme degli alberi della primavera. L’ultima parte del quarto canto del poemetto descrive la zona archeologica della Villa del Borgo.