Uno scenario inquieto verso la chiarezza

( Fabio Russo)

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Cari Amici del Vesprino, continuando, proprio le emozioni, come le esperienze, sono la materia che si muove a un certo punto nel nostro animo, nella misura in cui sappiamo noi intenderle in questa scrittura. Qui scorre a pause e riprese la suggestione del Principe felice di Oscar Wilde nel relativo racconto, appunto spezzettato, della Zia alla piccola Nipote, a Barbara che apprende l’infelicità e sofferenza del Principe, e non solo di lui (poi, la malattia e morte della Zia) sull’onda della Memoria, che non è nostalgia bensì ripercorrimento spesso amaro di esperienze proprie quanto altrui, o proprie su quelle di altri e con altri, ben oltre quindi le circostanze sul simbolico-allegorico del Principe non più felice, semmai sulla lunghezza d’onda degli stati d’animo volta a volta delusi, e alla fine mortificatori, nello slancio d’amore della Rondinella (si spezza il cuore di piombo di lui, ma non meno quello vivo della Rondinella, e poi quello di carne di Barbara).

Così ci sono pure i piani rievocativi, una Memoria come conoscenza, di questa Nipote ormai adulta che cerca di rintracciare la sua storia non solo su quella della Zia, senza nome, sul racconto fatto da lei, ma su quella del Principe e della Rondinella narratale appunto dalla Zia, per cogliere la propria all’indietro, rivista in vari momenti con il suo compagno d’un tempo, Giulio, poi lasciato (per volere di lui, anche per rifiuto da “ripiego” di lei). Piani di Attesa di un punto di arrivo che non c’è, esplicito. Che c’è, se vogliamo, in una forma però di segreto. Nel «cuore della notte» giunge improvviso l’ospite atteso/inatteso a svelare il mistero, l’incognita della vita di lei amareggiata di aver detto a lui no, e fiduciosa che lui in qualche modo le si annunci e riavvicini (come la donna per il Tasso nell’Aminta, «Fugge, / e fuggendo vuol che altri la giunga»). E c’è pure il senso della vita, l’Amore anche nel disagio e nella sofferenza, la Morte (simile al Sonno, nel motivo di Wilde), la presa di consapevolezza graduale forse progressiva verso quel chiarimento di sé, così desiderato. Qual è la verità, quale l’ospite, esso stesso simbolico, ma meno allegorico e più vivo rappresentativo di quello del Principe? Quale il senso di un concludersi, se c’è, e dove? Forse nel cuore della coscienza, contravvenendo qui al principio di dire ciò che non è detto nell’opera, e dovrebbe rimanere tale. Anche il lettore nella sua presa di posizione critica non dovrebbe rinunciare al senso dell’ indicibile e del mistero, magari solo fiutando e ipotizzando “soluzioni”, e rinunciando invece a facili epiloghi di trame svilite, ad effetto. Qui c’è l’interrogativo della Soglia e della Vita che non va visto in termini di impazienza e tiene invece un tempo di “pazienza” e di Attesa (Paul Valéry), una “sapienza” nel tumultuoso labirinto dell’esistere nostro, che non centra l’obiettivo.   La Soglia (di stati emozionali) come rileva Antonio Martorana secondo lo strutturalismo di Genette. Anche come passaggio (Lina Galli, con le sue poesie in Un Volto per sognare) vorrei dire a un’altra realtà più alta (Biagio Marin, con I canti de l’Isola e le prose in Gabbiano reale). Non meno così il Volto delle cose (Rainer Maria Rilke, con in particolare Pont du Carrousel, e Il cieco) direi, non facilmente decifrabili nella loro “giusta” immagine, un’idea, più eìdola, un eidolon, un Volto insomma appropriato nell’ordine delle cose terrene. Oltre il terreno, l’arte, il sacro (del pensiero speculativo e scientifico il più attento) non danno misure unicamente umane e dicibili (in termini materiali), e riservano un’immagine senza volto (materiale), senza nome, figura “infigurabile” (Giordano Bruno). Riservano un messaggio con il suo significato da ravvisare.

( continua)

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