Il Monastero di S.Nicolò L’Arena di Nicolosi tra realtà e finzione letteraria I Parte
di Valentina Mirabella e Enza Turrisi
La storia dei monaci di S.Nicolò l’Arena a Nicolosi e dei personaggi che vi sono stati ospitati sconfina nella leggenda. Persino la denominazione del sacro cenobio viene ricondotta alla romantica regina Eleonora che vi avrebbe trascorso gli ultimi anni di vita: una antica tradizione spiega, infatti, l’Arena da la reina, benché un’ipotesi più attendibile faccia derivare il nome dall’arena sabbiosa presente nel sito del convento.
Presto eclissato dalla magnificenza e dallo sfarzo della filiale catanese, il cenobio nicolosita ci lascia traccia di sé indirettamente, attraverso i racconti dei viaggiatori che lo visitarono. E’ bello vedere lo stesso edificio, lo stesso paesaggio, la stessa realtà rurale con gli occhi di uomini e donne così diversi per cultura e per interessi. La struttura fisica dell’antica fabbrica e le residue attività che i monaci vi conducevano rivivono nelle loro pagine, colmando spesso, con la fantasia, quel vuoto storico altrimenti non documentabile.
Polemiche e pistole di Enza Turrisi
La prima edizione di A tour through Sicily and Malta in a series of letters to William Bechford,esq., of Sommerly in Suffolk, uscì a Londra nel 1773, tre anni dopo il viaggio che lo scozzese Brydone compì in Sicilia, in qualità di travelling preceptor del figlio di lord Fullarton. Uno dei più importanti obiettivi della sua spedizione, per sua stessa ammissione, fu l’esplorazione dell’Etna e dell’evento egli diede una descrizione ricca di informazioni di carattere naturalistico e di rilievi scientifici che esercitò grande seduzione su tanti viaggiatori che ne avrebbero seguito le orme. Ma sulle veridicità dell’ascesa di Brydone sul vulcano commentatori autorevoli insinuano dubbi e sospetti.
Johann Wolfgang Goethe nel suo Italienische Reise, riportando in data 4 maggio 1787 quanto gli aveva detto il naturalista Gioeni, scrive: “ Il Brydone stesso, che con la sua descrizione ha acceso per primo il desiderio di contemplar da vicino il cono infuocato, non l’ha raggiunto affatto”.
Identica la testimonianza del danese Friederich Munter. Egli compì un viaggio in Italia per svolgere una missione massonica e fu in Sicilia nell’inverno 1785-86, pochi anni prima di Goethe, apprendendo quanto poco fededegne fossero le affermazioni di Brydone dal principe di Biscari.Con certo livore polemico, Munter avverte: “ Questo mio rapporto sull’Etna [non può] dare al lettore quel piacere che si sente nell’incantevole descrizione di Brydone; ma è certo che la mia è più sicura e soddisfacente di quella, per aver io scritto quello che ho veduto. Egli, nella più bella maniera, dipinge ciò che non vide mai, perché costui, come mi assicurò il principe di Biscari, non andò più in alto di me”. Il viaggiatore, che a causa delle avverse condizioni climatiche, non potè tentare l’ascesa del vulcano e soggiornò nell’antico convento, “picciolo ed oscuro edifizio lontano da Catania 12 miglia italiane” precisa fin dove i mezzi allora a disposizione consentissero di spingersi, in determinati periodi dell’anno: “Il Monastero di San Nicolò dell’Arena e il Monte Rosso sono comunemente i limiti a cui giunger suole la maggior parte de’ viaggiatori che non si trovano in Catania nell’estate”.