LA VITALITA’ DELLA PAROLA ( parte seconda)
(Rossella Cerniglia)
Fare poesia al giorno d’oggi, impegnarsi con ostinazione e controcorrente nella ricerca del fondamento, del nucleo ultimo di realtà che esprime le cose nella loro essenza, sia pure rarefatta, sia pure evanescente, è un’impresa alquanto difficile, e sarebbe spesso votata al fallimento se l’ostinazione del poeta non venisse in soccorso della poesia stessa con una volontà di ricerca ardua, che talvolta quasi trascende i limiti dell’umano.
Ma questa Verità ricercata dalla poesia ha un elemento di individualità imprescindibile poiché il nucleo di verità indagato nelle sue profondità, e che qualcuno vorrebbe definire divino, appartiene, tuttavia, a un uomo, il poeta stesso che la poesia ha creato. Tutto il mondo interiore del poeta, la sua sensibilità, la sua memoria, la sua capacità immaginativa, il suo pensiero, sarebbero irrimediabilmente perduti se egli non riuscisse a modellare un linguaggio che esprima, in una suprema sintesi, questo crogiolo incandescente. Il potere di un tale linguaggio è quello di dar forma a questa materia prepotente e informe che urge per essere detta, per venire alla luce in un parto che è della testa e dell’anima e non del ventre, che è spirituale e non materiale.
La verità che ricerca, dunque, il poeta è la sua stessa verità, il suo modo di vedere la realtà e di porsi di fronte ad essa, la sua profonda intuizione del mondo che nasce dalla comunione di molteplici fattori che hanno vita nella sua interiorità. Anche sant’Agostino è preso da una tale ricerca interiore, nel cercare Dio; anch’egli è convinto che “in interiore homine habitat veritas”. Ed è questa stessa “Veritas” agostiniana che il poeta fondamentalmente persegue.
Così, in ultima istanza, il pensiero del poeta, tutta la sua anima, tendono ad essa, alla Verità come elemento unificante, come dato ultimo che compendi tutto il reale e ne sia il fondamento.
Succede poi che molte delle verità espresse dal poeta (e che culminano nella verità ultima, agostiniana, nella “Veritas” di Dio), siano poi condivise dal mondo. Chi legge dei versi sente talvolta in profondità la consonanza col mondo interiore del poeta, con quello che egli dice e pensa, sente che profondi legami stringono il mondo del poeta al suo; anch’egli avrebbe voluto esprimere le stesse verità e, di fatto, le esprime attraverso la voce del poeta che parla per lui così profondamente e così universalmente che tutto l’uomo e tutta la realtà trovano compendio attraverso la sua parola.
È questo il valore universale che la poesia possiede in sé, quello di parlare a tutti esprimendo valori universali, universalmente condivisi e fortemente radicati nell’uomo e fondamentali al di là di ciò che è superficiale ed effimero.
Il linguaggio della poesia è, pertanto, un linguaggio che come quello della matematica o quello della musica ha un suo codice e sue regole che rendono possibile codificare messaggi ineffabili, come se il Mistero, a lungo indagato in noi, trovasse finalmente forma e alito vitale per vivere autonomamente nel mondo fuori di noi. E in questo, in tale forza illuminante che è della poesia, in tale turbine creatore risiede la vitalità più ardita e prorompente della parola, quella non abusata, ma scavata dentro di noi, quella che ci riporta alle radici ultime, originarie, alla trascendenza e a Dio.