NEL CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA
(Giuseppina Cuccio)
Il 17 marzo 1861, il Presidente del Consiglio ( Camillo Benso di Cavour) indirizzò a Emanuele Tapparelli D’Azeglio, che reggeva la Legazione d’Italia a Londra, questa lettera:
"Il Parlamento Nazionale ha appena votato e il Re ha sanzionato la legge in virtù della quale Sua Maestà Vittorio Emanuele II assume, per sé e per i suoi successori, il titolo di Re d’Italia. La legalità costituzionale ha così consacrato l’opera di giustizia e di riparazione che ha restituito l’Italia a se stessa.
A partire da questo giorno, l’Italia afferma a voce alta di fronte al mondo la propria esistenza. Il diritto che le apparteneva di essere indipendente e libera, e che essa ha sostenuto sui campi di battaglia e nei Consigli, l’Italia lo proclama solennemente oggi".
E’ bello ricordare e ricordarci i fatti del passato. Non mi piace né diminuirli né esaltarli, ma riferirli per quello che sono stati. Si trattava di un ‘Italietta o di una Italia non so, ma era l’Italia. Non mi piace neanche scambiare l’inizio di un processo, sicuramente lento e complesso, con l’amarezza dell’oggi. Allora c’era entusiasmo e passione. Almeno rispettiamole, se non vogliamo considerarle esempio. Non mi piace ridurre alla nostra piccola misura quella che è stata una grande e difficile impresa.