L’Eucarestia domenicale e il Giorno del Signore
( parte seconda)
Riflessioni teologico-spirituali di Valeria Trapani
Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista.
Nel IV sec., dei Cristiani vennero sorpresi ad Abitina mentre celebrava l’eucaristia. In 49 furono processati e uccisi per aver trasgredito il divieto di riunirsi nel nome di Dio. Negli atti del processo leggiamo che coraggiosamente così risposero alle accuse dei magistrati: “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”. “Non potest intermitti dominicum”, dove l’espressione dominicum indica sia il giorno della riunione che la comunione eucaristica! L’eucaristia domenicale era vista come l’elemento necessario per esprimere e realizzare l’unità e la fraternità dei cristiani tra loro e con Dio. Scandiva ed articolava tutta la vita del cristiano; ancora oggi ne è prova la struttura dell’anno liturgico cristiano, il cui cuore è il giorno di Pasqua, domenica per eccellenza, a partire dalla cui memoria l’anno liturgico si è sviluppato come una sequenza di domeniche che da prospettive ogni volta diverse guarda all’unico Mistero della Morte e Risurrezione del Signore.
La celebrazione domenicale era una tappa obbligata, l’eucaristia una necessità, perché da coloro che credono nella risurrezione di Cristo scaturisce lode, rendimento di grazie, festa e giubilo. Bisognava rendere grazie a Dio, perché dopo che gli uomini avevano messo in croce suo Figlio, Egli aveva fatto nuove tutte le cose risuscitandolo dai morti e vincendo la morte. Per assaporare la celebrazione eucaristica della domenica bisogna dunque riscoprire il senso del fare festa, così come insegna Sacrosansctum Concilium 106 che definisce la domenica festa primordiale dei cristiani, ma anche nei suoi aspetti di natura antropologica. La festa è un fatto antropologico complesso, poiché rivela un popolo e la sua cultura, rispecchia tutto un modo di vivere di pensare e di guardare al mondo (dal tono delle nostre celebrazioni liturgiche si evince lo spessore e l’intensità della nostra fede). E’ fenomeno collettivo, esperienza comunitaria, celebrazione straordinaria che interrompe il regolare scorrere del tempo. E’ ricordo e presenza, rito tradizionale e fantasia creatrice, gioia e serenità (era convinzione comune che commettesse peccato chi era triste di domenica!).
Giovanni Paolo II così recitava nella “Dies Domini” ai n.6-7:“sembra più che mai necessario ricuperare le motivazioni dottrinali profonde che stanno alla base del precetto ecclesiale, perché a tutti i fedeli risulti ben chiaro il valore irrinunciabile della domenica nella vita cristiana…vorrei oggi invitare tutti con forza a riscoprire la domenica: Non abbiate paura di dare il vostro tempo a Cristo! Sì, apriamo a Cristo il nostro tempo, perché egli lo possa illuminare e indirizzare. Egli è Colui che conosce il segreto del tempo e il segreto dell’eterno, e ci consegna il "suo giorno" come un dono sempre nuovo del suo amore. La riscoperta di questo giorno è grazia da implorare…il tempo donato a Cristo non è mai tempo perduto, ma piuttosto tempo guadagnato per l’umanizzazione profonda dei nostri rapporti e della nostra vita”.