Carusi
(Natale Caronia)
E’ così che tu vedi Dio? Sì Santità, rispose Michelangelo alla domanda di Papa Giulio II , mentre dipingeva la Cappella Sistina.
Così alcune persone, su cui Dio ha lasciato più marcatamente la Sua impronta, riescono a percepire e comunicare impressioni e sensazioni capaci di colpire la gente: sono gli artisti,i musicisti, i pittori, i poeti. Talora il messaggio trasmesso è così forte da turbare profondamente l’animo: la sindrome di Stendhal.
Nella Galleria d’Arte di Villa Cattolica di Bagheria, tra i numerosi quadri di Renato Guttuso, ve n’è uno che raffigura un “caruso”, un bambino di circa 10 anni che, privato della sua infanzia, è avviato per necessità sua e della sua famiglia, al lavoro di trasporto di ceste ricolme di zolfo. Il suo viso non ha nulla di fanciullo per la fatica e gli stenti che lo hanno trasformato in un essere inanimato, un robot e nulla di umano trascende da quel viso e l’osservatore ne riceve il messaggio di profondo dolore, pietà e senso di colpa per il misfatto che la società non è riuscita ad impedire. Questa è violenza. Come violenza sono le scuole non fatte, il lavoro non dato, l’elargizione ai giovani senza un lavoro di un obolo transitorio nel tempo, finalizzato al consenso elettorale.
Quale famiglia possono formare, quali impegni economici possono assumere questi giovani, privati di un minimo di sicurezza e del loro diritto al lavoro vero?
E’ un delitto illuderli e parcheggiarli con una misera prebenda invece di destinare fondi ad attività produttive, per un sano lavoro e per una società più sana.
Questi sono i nuovi “carusi”, privati dei loro diritti, strumentalizzati, che non sarà facile domani recuperare, perché addomesticati da un obolo ottenuto senza fatica, ma moralmente mortificante.
Così un senso di colpa mi ferisce perché mi chiedo se ho fatto tutto il possibile per evitare tale scempio.