Il bla bla e la gloria degli ignoti
(Carmelo Fucarino)
Oggi, giorno dei morti, quelli della pupa di zucchero e dei doni lasciati nella scarpa, i nostri cari vecchi morti che non ci atterrivano con la macabra mascherata americana di Halloween, al Festival Internazionale di Roma si presenta il neo-cult “The social network”, la storia di quel geniaccio (si può esserlo come Lucifero) che ha creato quella rete di cicaleccio che fa Facebook, l’immenso stadio aperto alla chiacchiera per cinquecento (si dice) milioni di uomini in maschera. È la vicenda dell’allora diciannovenne Mark Zuckerberg e del suo amico Eduardo Saverin, fondatori del Facebook di venticinque miliardi di dollari (si dice). Altra montagna di dollari si prevedono per il film di David Fincher e per l’osannato Gessy Eisenberg, già promosso all’Oscar. Il network è una forma planetaria di esibizionismo, un subdolo e falso strumento di creazione di amicizia in una società del look, del face, del colloquio su tastiera anche sul nulla distillato. È quella esigenza di comunicare, il contatto perduto che si cerca di instaurare con una carezza virtuale. È l’elogio della solitudine dell’uomo odierno, recluso nella sua monumentale SUV (Sport Utility Vehicle) urbana, solo e rintronato dai vari aggeggi elettronici, gli auricolari, il portento di iPad e simili. Dichiara Eisenberg a proposito del suo personaggio che, nonostante la ricchezza, “è un uomo solo”. Ma non c’è una fine al peggio, se penso alla cattiveria spesso gratuita del video-sharing YouTube, la community di condivisione video, quando la forza dirompente dell’immagine è carpita per far male e distruggere sotto l’anonimato.
Eppure c’era già un modo di aggregare community ad un livello formativo e culturale, un modo di scambiarsi informazioni, opinioni, perché no, anche semplici riflessioni. Già dal 1999 con la frase we blog (per cui to blog) dal diverso stacco della struttura web-log, “diario in rete”, Peter Merholz aveva creato quel particolare sito internet che dava la possibilità di rendere pubbliche riflessioni, ma anche documenti, studi e ricerche in rete, un diario personale o di gruppo, oppure una vera e propria rivista o magazine. Da forma elitaria di comunicazione di università e centri di ricerca si era democratizzato ed aveva dato possibilità a tutti i bloggers di creare il proprio angolo di riflessioni aperto al dialogo con gli altri.
Da questa esperienza ormai decennale è nato il nostro magazine on line, una forma intermedia tra il social blog e il blog collettivo, Vesprino, che compie il suo primo compleanno. È ancora alle sue prime armi, alle sue prime esperienze e perciò reclama maggiore attenzione, soprattutto dai soci distratti, un impegno per solo cinque minuti dei 1440 di un dì. L’esperienza del blog è di tipo aggregativo e se manca del dialogo, dell’arricchimento e del confronto di idee, ma anche di aspettative e di dissenso, non ha ragione di essere. Resta un parlarsi addosso, come si suole dire con un brutto e abusato ossimoro, uno sfogo senza confronto, fino a divenire un flatus vocis, lo devo dire anche per me stesso, un esibizionismo fine a se stesso, per esternare la propria bravura discorsiva. Perciò sono spesso intervenuto nei commenti, ma devo dire con scarso successo. Non ho avuto un cenno neppure da coloro che ho provocato. E me ne dispiace, perché nei club di service, in cui rare sono le occasioni di incontro e di socializzazione, se non nelle rare cene istituzionali o fra il gruppetto dei patiti di burraco (ma è vietato parlare!), lo strumento del blog potrebbe rivelarsi un mezzo per meglio conoscerci e confrontarci. Io sarò un semplice volto, raramente un nome, fra i soci che non conosco e che non mi conoscono. Eppure sono certo che le loro esperienze mi arricchirebbero.
In questa festosa ricorrenza del compleanno, nel soffio sull’unica candelina, un invito a tutti ad essere vicini alla redazione, ad intervenire, ad aprire un dialogo. Solo attraverso di esso ci si può avvicinare alla verità. Lo insegnò Platone, usandolo come mezzo di ricerca esistenziale.
E un grazie da parte di un collaboratore a chi vi ha creduto e che ha dato tutto il suo tempo e la sua pazienza e la fatica quotidiana per la migliore realizzazione del magazine, a Gabriella Maggio Carioti e a Mimmo Caruso.
E l’augurio che la sicura crescita lo mantenga aperto e plurale nei temi e nei punti di vista, libero e indipendente, come è nell’acronimo e nello spirito del lionismo.