Una esperienza sul campo: Visita allo Zen – S.Filippo Neri (terza parte)

di Patrizia Lipani

Il nostro intento è osservare nel quartiere  le strutture architettoniche,  i nostri ragazzi non sono ancora operatori sociali, per cui ci si limita ad esaminare. Lo studio delle scienze sociali porta i ragazzi a questo,  a studiare i fenomeni sociali,  a proporre i possibili interventi.  Le abitazioni hanno un aspetto decisamente degradato,  appaiono in uno stato d’abbandono e di incuria,  le condizioni di vita sono sicuramente peggiori rispetto all’altra parte del quartiere.  Mancano ancora oggi allacciamenti alla rete idrica, elettrica  e del gas. Mancano parte delle fognature e le acque vengono scaricate in pozze libere, precarie le condizioni igieniche e sanitarie.  Dopo avere chiarito i nostri obiettivi ovvero portare avanti un’intervista sulla vita del quartiere,  la tensione  diminuisce tanto da dar vita con i ragazzi che con insistenza chiedono di entrare nelle stanze del centro sociale, ad un dibattito sui disagi che i ragazzi vivono giornalmente nel loro quartiere e sui pregiudizi che si hanno nei confronti di chi vi abita. I giovani lentamente cambiano il loro atteggiamento quando prendono coscienza del dialogo aperto che instauriamo in uno scambio di esperienze. Poco studio, molta musica per raccontare i disagi, molto divertimento e sballo serale, le volanti, raccontano, non si avvicinano perché le volanti vengono distrutte. I servizi mancano allo Zen 2,  gli autobus non girano,  solo i motorini circolano.  Infine con grande soddisfazione i ragazzi decidono  volontariamente di scortarci fino alla metropolitana,  distante dal quartiere Zen. Condivido quanto ha affermato la sociologa Maria Rosa Fiorente: “Questi quartieri, che sembrano essere stati progettati in un modo tale da poter essere rapidamente dimenticati,  hanno innanzitutto bisogno, con gli strumenti di cui  l’urbanistica dispone e non solo, di essere osservati  di essere ascoltati”.
Le domande che i nostri ragazzi hanno rivolto ai giovani dello Zen hanno avuto come fine conoscere le condizioni generali del quartiere. Mancano infrastrutture di qualunque tipo ad eccezione di una scuola che sopravvive nonostante i continui atti di vandalismo.  Il senso di emarginazione del quartiere è sentito dalla distanza dal centro di Palermo tanto che quando dallo Zen si va in centro si dice vado a Palermo. Questa separatezza e lontananza ha sviluppato un forte senso di appartenenza al quartiere. Lo Zen è un quartiere dalle forti identità ed è forte nell’immaginario collettivo il fatto che lo Zen sia un ghetto.
Tra le problematiche del quartiere si evidenzia la disoccupazione,  l’illegalità e la mancanza di cultura,  gli intervistati sottolineano l’inefficienza della scuola vissuta come obbligo piuttostocché come diritto.  Le uniche attività messe in atto allo Zen sono quelle che riguardano il sociale ad opera del Volontariato culturale “Nuova società” con sede allo Zen1,  mancano interventi di attività produttive.   La vita ferma e monotona eppur vita delle periferie la ritroviamo ben esplicitata in una lirica di P.P. Pasolini:

CORREVO NEL CREPUSCOLO FANGOSO

Intorno Ai Grattacieli Popolari
Già vecchi, i marci orti e le fabbriche irte di gru ferme
Stagnavano in un febbrile silenzio;
ma un po’ fuori dal centro rischiarato, al fianco di quel silenzio,
una strada blu d’asfalto pareva tutta immersa in una vita immemore ed intensa quanto antica.
Benché radi brillavano i fanali d’una stridula luce,
e le finestre ancora aperte erano bianche di panni stesi,
palpitanti di voci interne.
Alle soglie sedute stavano le vecchie donne,
e limpidi nelle tute o nei calzoncini quasi di festa,
scherzavano i ragazzi ma abbracciati fra loro,
con compagne di loro più precoci.
Tutto era umano, in quella strada,
e gli uomini vi stavano
aggrappati, dai vani al marciapiede,
coi loro stracci, le loro luci..

PIER PAOLO PASOLINI

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