Una esperienza sul campo: Visita allo Zen – S.Filippo Neri (seconda parte)
(Patrizia Lipani)
Lo Zen 2 fu invece progettato e realizzato a seguito del concorso nazionale bandito dallo I.a.c.p. della provincia di Palermo, guidati dall’architetto Gregotti, il quale prevedeva la costruzione di “insulae” disposte su tre file parallele di sei insulae,fino a formare la struttura del quartiere. La fragilità dei muri impedisce qualsiasi riservatezza e privacy,la cattiva qualità dei materiali lascia trapelare ogni rumore, ogni parola. All’interno delle insulae esiste un’organizzazione di tipo condominiale dove c’è un capo condomino che si occupa di provvedere alla pulizia degli spazi condominali e a tutto ciò che necessita il condominio, dietro il pagamento di una “somma”. Più che altro è un controllo del territorio in cambio di sicurezza e garanzia di tranquillità.
Elencare i problemi che vigono in queste realtà non è sufficiente ed efficace per rimuovere i problemi, bisognerebbe intervenire mettendo gli abitanti nella condizione di conoscere i loro diritti e i loro doveri,conoscere il ruolo che la scuola e in generale le istituzioni dovrebbero svolgere e che molto spesso non riesce ad adempiere. I ragazzi perfettamente integrati con la cultura del luogo, abbandonati dalle istituzioni, riversano il proprio malcontento e le proprie frustrazioni in attività illecite.
Il momento della nostra visita guidata organizzata con il gruppo classe, ha permesso di svolgere un’indagine diretta sulla periferia ed entrare in diretto rapporto comunicativo con testimoni privilegiati. Percorrendo la strada che dalla Chiesa di S. Filippo Neri conduce allo Zen 2 si comincia ad avvertire il clima di chiusura,la gente del luogo mostra inizialmente un carattere ostile e scontroso, l’accoglienza infatti non è tra le più felici, non mancano atti di aggressività. Una grande piazzola con balaustra sulla destra dove la gran parte dei giovani e anziani del luogo osserva incuriosita il gruppo di visitatori, sulla sinistra una distesa a mò di discarica dove un gruppo di fanciulli si rincorre e pesca tra i rifiuti arance marce che utilizza per lanciarle contro noi visitatori disposti in fila per raggiungere il centro sociale e guidati dall’operatore sociale del luogo,che non riesce a fermare la furia dei fanciulli,che emettono strani rumori con la bocca e manifestano segni di aggressività, tra l’ilarità degli adulti. L’estraneo, è visto come un diverso, ci guardano con diffidenza perché abbiamo oltrepassato il loro confine ,quella linea sottile che divide la città dal luogo della fatiscenza, dove però loro amano restare perché credono di vivere in un ambiente protetto da tutti e da tutto, per cui possono agire indisturbati, tanto le forze dell’ordine non riescono a penetrare e a sfondare il muro dell’omertà, spaccio di droga , prostituzione, criminalità. Temono di essere considerati come animali, come fenomeno da baraccone, “la gente”, ci spiegano, “viene a visitare il luogo per capire come siamo e come viviamo” ma nessuno interviene per migliorare la situazione .Lo Stato li ha abbandonati, appare impotente.