QUIS FUIT, HORRENDOS PRIMUS QUI PROTULIT ENSES? STASIMO TERZO (vv. 1185 1222)
(Da Carmelo Fucarino, “Apoteosi e ragioni della pace durante la fase archidamica”, Annali del Liceo classico “G.Garibaldi” di Palermo, N. 21-22 – 1984-1985, pp. 268 s.)
dall’Aiace di Sofocle
Qual l’ultimo anno, per cui cesserà str.
lunga serie di anni irrequieti,
che l’inesausta sempre di pene
di lancia vibrante sorte mi adduce
per questa estesa Troia,
misero obbrobrio di Elleni?
Potesse prima nell’etere vasto antistr.
svanire o nell’Ade affollato
quell’uomo che delle armi odiose
il comune Ares agli Elleni mostrò.
0 pene progenie di pene!
Né di corone quello, str.
né di profondi calici
mi concesse che gaudio provassi,
né dolce di flauti concento,
sventurato, né notturne
dolcezze godere:
da amore
da amor mi trattenne, ahimè!
Così negletto giaccio
or sempre di densa rugiada
roride le chiome, ricordo
della funesta Troia.
E sempre prima di notturne antistr.
paure mi era riparo
e di dardi l’impetuoso Aiace:
ora lui sacra vittima al funesto
demone. Quale per me, quale
gaudio ne seguirà?
Oh! fossi
dove incombe selvoso sul mare
baluardo battuto dalle onde,
sotto l’ultima plaga di Sunio,
così che saluti
la sacra Atene!