IL CAVALLO: MITO E SIMBOLO
(Gianfranco Romagnoli)
Il cavallo è stato considerato sacro in tutte le antiche civiltà: è spesso a fianco degli dèi uranici come sopravvivenza di una più antica religiosità teriotropica, adoratrice degli animali. Nella simbologia, il cavallo presenta significati contraddittori: da un lato, è creatura ctonia e infera, notturna e lunare, legata alle acque; dall’altro è uranica e solare.
La più antica immagine del cavallo è quella negativa, associata al mondo ctonio, come espressione di una potenza infernale. Nella cultura semitica, esso rappresenta l’invasore straniero ed è considerato annuncio di disgrazia: nell’Apocalisse il cavallo bianco simboleggia il nemico venuto da fuori, il cavallo fulvo la guerra, il cavallo nero la carestia ed il cavallo verde la peste.
Ade, il re dell’oltretomba, è rappresentato su un cocchio dorato tirato da quattro cavalli neri: ancora oggi, pur essendosi perduta la memoria di questa origine dell’usanza, il carro funebre è dorato e tirato da cavalli neri.
I cavalli della morte, o presagi di morte, abbondano dall’antichità al Medioevo e sono diffusi in tutto il folklore europeo. Di solito sono neri, ma possono essere chiari, lividi, bianchi come fantasmi, con riferimento all’astro notturno e all’acqua. Presso gli Elleni, se un malato sognava un cavallo ciò era presagio di sicura morte. Nel folklore celtico i cavalli neri rappresentano generalmente il diavolo o un demone, o un dannato o un’anima in pena, o sono protagonisti di cacce maledette come quella di re Artù, condannato a inseguire in una corsa senza fine una selvaggina irraggiungibile, oppure a morire, come nella carducciana Leggenda di Teodorico, nella quale uno sconosciuto cavallo nero, sul quale il re monta per inseguire una preda, lo porta in una folle cavalcata attraverso il cielo per gettarlo infine nell’Etna a scontare i suoi peccati tra cui l’uccisione del senatore romano Boezio, suo consigliere, il cui volto gli appare nell’istante estremo.
Nelle tradizioni e nelle letterature delle popolazione dell’Asia centrale il cavallo è considerato chiaroveggente perché sa orientare nelle tenebre del mondo sotterraneo da cui proviene, guidando le anime dei defunti. Un’eco di questo potere lo troviamo nel cavallo Xanto, dono di Poseidone, quando annuncia ad Achille la sua morte imminente.
Il sacrificio del cavallo è uno degli elementi costitutivi delle civiltà asiatiche primitive: nella tradizione vedica il cavallo viene identificato al cosmo e il suo sacrificio rappresenta l’atto della creazione. Anche Achille compie sul rogo di Patroclo un sacrificio di giumente perché ne guidino l’anima nell’Ade.
Nelle culture agricole il cavallo diventa divinità agraria: come creatura ctonia, attraversa infatti indenne il paese della morte e del freddo, cioè l’inverno, facendosi portatore o manifestazione dello “spirito del grano”. E’ dalla concezione del cavallo come simbolo del passaggio dalla morte dell’inverno alla vita della primavera che si origina la sua ascesa dal mondo ctonio – del quale, pure, continua a far parte – a quello uranico.
Il bianco cavallo celeste rappresenta l’istinto domato, l’immagine della bellezza compiuta attraverso il dominio dello spirito sui sensi. Come tale è splendente simbolo di maestà e lo si trova, nell’Apocalisse, montato da Cristo e dalle sue armate celesti.
La figura cavallo acquista senso e significato nel suo rapporto con l’uomo, che o è puro cavaliere o, se non ha saputo rispondere al processo di elevazione spirituale, rimane mezzo uomo e mezzo cavallo come i Sileni e i Satiri, compagni di Dioniso nei riti orgiastici.
Una particolare importanza, presso vari popoli, è attribuita alla figura del cavallo quale simbolo solare. Nella religione vedica, i cavalli trainano il carro solare degli Aŝvin, che forse, in origine, erano essi stessi divinità-cavallo: associati alla luce e al sole Surya, che assume l’aspetto di un cavallo bianco, sono raffigurati a loro volta come aurighi dalla testa di cavallo. Nella mitologia greca, quattro bianchi cavalli trainano il carro di fuoco dell’antico dio solare Helios. Anche nella mitologia nordica le Divinità creano il Sole da una scintilla e lo depositano su un carro tirato da due cavalli, con il quale la Dea Sol attraversa il cielo. Nei racconti arabi, quattro cavalli rappresentano i quattro venti.
Nella conquista delle Americhe il cavallo assume connotati mitici agli occhi degli Indios che non lo conoscevano e che, credendolo un’unica creatura col cavaliere, lo scambiano per un mostro con due teste e sei gambe.
Per Freud il cavallo bianco simboleggia Eros, la pulsione di vita che comprende la sessualità e l’autoconservazione, mentre il cavallo nero simboleggia Thanatos, la pulsione di morte che spinge all’annientamento e all’autodistruzione. Quest’ultima tende a prevalere per potersi ricongiungere al caos primordiale: tra queste due forze contrapposte c’è l’Es che, come l’auriga nel mito platonico del carro, cerca di mantenere l’equilibrio tra esse.
In conclusione, il cavallo è uno degli archetipi fondamentali nella memoria umana: il suo simbolismo si estende ai due poli – alto e basso – del Cosmo ed è quindi realmente universale. Esso passa con la stessa facilità dalla notte al giorno, dalla morte alla vita e dalla passione all’azione, collegando gli opposti in una manifestazione continua: è Manifestazione, Vita e Continuità, al di sopra della discontinuità della nostra vita e della nostra morte.