I cosiddetti Vespri: la manipolazione storica
(Carmelo Fucarino)
È evidente che l’episodio fu amplificato e manipolato secondo intenti esclusivamente politici e di propaganda, prima esclusivamente patriottica, la liberazione dal giogo straniero e in seguito unitaria, la cacciata degli Austriaci e l’unificazione sotto i Savoia. Lo spot e la propaganda politica sono esistiti da quando iniziò la storia. La nostra recente fu scritta dai Savoia e confermata dal regime fascista. Così chi non ricorda gli episodi edulcorati che nulla avevano a che fare con la mistica unitaria, a cominciare dalla spudorata mistificazione nel romantico Ettore Fieramosca di D’Azeglio della disfida di Barletta, tredici contro tredici sotto i colori di Spagnoli e Francesi (13 febbraio 1503): il truce Maramaldo imperiale al quale Francesco Ferruccio fiorentino gridò: “vile, tu uccidi un uomo morto” (3 agosto 1530), il dinamitardo torinese Pietro Micca contro i Francesi (notte 30 agosto 1706), l’eroico milanese tiremm innanz di Amatore Sciesa (2 agosto 1851), ma celebre per la fortuna postuma dell’Opera Nazionale Balilla (1926) e di diverse macchine (automobile, trattore e trebbiatrice), il piccolo Balilla (ragazzo in genovese), che il 5 dicembre 1746 lanciò il primo sasso contro gli austriaci.
Identica fu la realtà storica della rivolta del Vespro. Si può anche ammettere l’episodio romantico dell’onore offeso. Non per nulla la conquista di Troia, imposta per il controllo del Bosforo, che vedrà fino nell’Ottocento guerre ricorrenti e oggi professioni di amore per la Turchia, scoppiò niente meno per la fuga dell’adultera attempata Elena nelle braccia del giovane damerino Paride. In effetti i principali esponenti del baronato siciliano, danneggiato dal conferimento delle cariche a francesi, dalla confisca delle terre, dall’esoso fiscalismo che giungeva alla carcerazione, ma soprattutto offesi per il trasferimento della capitale a Napoli, per l’assegnazione della sede del vicario di stanza a Messina e la consegna di Palermo nelle mani del ministro, il “Gran giustiziere di val di Mazzara” Giovanni di Saint-Remy, organizzarono in gran segreto la rivolta, con a capo, secondo la tradizione, Giovanni da Procida, della famosa Scuola medica salernitana, medico di Federico II, Alaimo di Lentini, Signore di Lentini, Gualtiero di Caltagirone, Barone, signore di Caltagirone, Palmiero Abate, Signore di Trapani e Conte di Butera. Filadelfo Mugnos nei suoi I Raguagli Historici del Vespro Siciliano dà una più particolare ripartizione di tutti i territori e le città dell’isola a loro uomini. Perciò che ti pensarono, non potendo fidare nel nuovo papa francese Martino IV (22 febbraio 1281) sostenuto dagli Angiò? Di offrire il regno a Pietro III d’Aragona, che aveva sposato la regina Costanza di Svevia, figlia di Manfredi ed unica discendente del nonno Federico II. Nel settembre 1282 entrò a Palermo incoronandosi re nella cattedrale. Ecco il bel gesto di liberazione dallo straniero. L’insurrezione divenne in effetti il conflitto di potere fra Siciliani ed Aragonesi da un lato e gli Angioini, il Papato, il Regno di Francia e le varie fazioni guelfe dall’altra, un conflitto lunghissimo detto Guerra dei Novant’anni, conclusa, dopo l’effimera pace di Caltabellotta (AG) del 31 agosto 1302, soltanto il 20 agosto 1372 con il Trattato di Avignone firmato da Giovanna d’Angiò e Federico IV d’Aragona e con l’assenso di Papa Gregorio XI. In tutta questa fase la Sicilia fu travolta dal caos e stremata dalle feroci lotte tra la «fazione latina», legata al partito svevo-ghibellino e composta dai Ventimiglia, Chiaramonte, Palizzi, Lanza, Uberti; e la «fazione catalana», legata agli aragonesi, gli Alagona vicini alla corte siciliana ed i Moncada alla corte di Barcellona, e Matteo Sclafani e i Rosso ed in seguito dopo il 1330 anche la fazione dei Peralta.
Appunto, episodio amplificato. Manca nel testo il ruolo decisivo di Bisanzio