Chi ha ucciso Droetto? Il mistero dei Vespri (I)

(Pinella Bongiorno)

La parola “Pasqua” significa essenzialmente passaggio. Per l’ebraismo è la festa che attesta il ricordo storico della fuga dall’Egitto e la liberazione del popolo compiuta da Mosè, con l’intervento salvifico operato da Dio, in favore di Israele.
L’ultimo periodo della vita terrena di Gesù si colloca durante la celebrazione della Pasqua. In continuità con la tradizione ebraica, il Cristianesimo assumerà il significato della parola per commemorare, in particolare, la passione e la resurrezione di Cristo. Ma soprattutto, rispetto a quella ebraica, la Pasqua si connota di una dimensione morale, sacramentale ed escatologica.
In Sicilia, la Pasqua è celebrata con una copiosa messe di festività e con spettacolari rappresentazioni sacre che, di fatto, costituiscono un patrimonio etno-antropologico di grande rilevanza. Nell’isola, unitamente a questa festa religiosa, si ricorda anche il “passaggio” del popolo siciliano dalla cattività angioina alle Communitas Siciliae, avvenuto proprio il martedì appresso la Pasqua. Questo avvenimento è consegnato alla storia con il nome: Vespri siciliani.

O tu, Palermo, terra adorata,
a me sì caro riso d’amor,
alza la fronte tanto oltraggiata,
il tuo ripiglia primier splendor!1

È questa la celebre melodia affidata a  voce di basso – memorabile l’interpretazione di Boris Christoff – che tutta si dispiega nella vibrante declamazione dell’esule Giovanni da Procida, finalmente ritornato in patria – Palermo appunto – dove esorta i suoi concittadini, con accorato appello, alla riscossa civile.
Non a caso il libretto dell’opera è musicato da Giuseppe Verdi!


1Cfr. E. Scribe, C. Duveyrier, I Vespri siciliani,dramma in cinque atti, Parigi 1855.

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