L’esperienza sul campo: momento di crescita professionale e di arricchimento interiore
(Patrizia Lipani)
Che la scuola avesse il compito di educare è fuor di dubbio, che le discipline fossero finalizzate alla formazione dei nostri studenti non è una novità, ciò che invece appare rilevante e di un certo spessore formativo, in questo contesto,è l’esperienza sul campo, la pratica, che offre la possibilità di esplicitare quella teoria che faticosamente i nostri alunni imparano sui libri , mi riferisco ai momenti di stage che ogni scuola dovrebbe tenere sempre presente nel proprio indirizzo con un impegno crescente e su cui noi docenti dovremmo puntare e “spenderci” maggiormente ,per ottenere positive ricadute nel curricolo scolastico e nella formazione professionale dei nostri alunni. Nei giorni dedicati allo stage ho osservato i miei alunni, il loro entusiasmo, l’impegno e l’interesse , e il tutto mi è sembrato ineguagliabile, persino “gli ultimi”, scolasticamente parlando, coloro che abitualmente tra i banchi non sembrano mostrare interesse per le discipline e per la scuola in genere, per i quali i docenti consiglierebbero di fare “altro”, in tale occasione invece, hanno dato il meglio di sé e si sono mostrati agli occhi dei docenti seriamente impegnati e altamente motivati , mostrando una capacità di interagire con” l’extracomunitario” non indifferente.
Lo stage nel Liceo delle scienze sociali, è una prassi, fa parte del curricolo scolastico, ed è parte integrante del piano di studi. Durante questi momenti i ragazzi si trovano generalmente coinvolti nelle attività offerte dai vari centri, così come è avvenuto quest’anno per gli alunni del 5° anno del Liceo de Cosmi di Palermo, svolta presso l’associazione Astalli, un Centro per l’assistenza agli immigrati, associazione onlus aperto agli stranieri non comunitari che vivono a Palermo.Gli stagisti hanno in tale contesto sperimentato in prima persona le difficoltà dell’accoglienza, della gestione dei problemi individuali che si presentano di varia natura, da quelli sanitari, a quelli giuridici, da quelli lavorativi a quelli di sopravvivenza. .
Tale Associazione nata a Roma intorno agli anni ’80 in via degli Astalli, presso le sedi dei Padri Gesuiti, è sorta a Palermo nel 2003 presso il centro Educativo Ignaziano e nel 2005 nel quartiere Albergheria, Piazza SS. 40 Martiri, grazie alla volontà di un piccolo gruppo di professionisti, abitualmente riuniti in preghiera , e desiderosi di essere parte attiva della società attraverso un forte impegno sociale. Nascono così, i servizi di prima accoglienza agli immigrati, quali giungendo nella nostra città, generalmente in buone condizioni di salute , consideriamo che devono essere pronti ad affrontare viaggi rocamboleschi che spesso sanno di inverosimile, avvertono i disagi dovuti all’estraneità del luogo, alla mancanza di conoscenza della nostra lingua della nostra cultura, e di una dimora, in attesa di una sistemazione più sicura e soprattutto dell’ accoglienza necessaria. Solo successivamente il vivere in precarie condizioni sanitarie, in ambienti affollati e in luoghi igienicamente poco sani, diventa per gli extracomunitari, che vivono nelle nostre città, causa di contrazione di malattie. Viene così fornito per l’ ambito sanitario un tesserino per l’assistenza che si estende a tutto il nucleo familiare per una durata di tre mesi, rinnovabile. Ciò consente un monitoraggio degli immigrati. Nel centro operano un gruppo di volontari supportati dalla professionalità degli operatori nel settore, dall’assistente sociale all’avvocato, al medico.
I servizi di prima accoglienza che si svolgono dal Lunedì al Venerdì dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 16,00 alle 19,00, offrono la mediazione culturale,la scuola di Italiano,articolata su quattro livelli, la mensa, la colazione, l’accoglienza, la possibilità di usufruire di abiti usati e di coperte,raccolti con cura dalle volontarie nella zona bazar, e pazientemente distribuiti ai bisognosi , che si rivolgono al centro, e ancora il servizio sanitario, lo sportello lavoro, lo sportello legale, la doccia e la lavanderia. Il servizio di seconda accoglienza risulta invece più specialistico, e oltre al corso di ricamo e sartoria multietnica, offre il doposcuola ai ragazzi, grazie al contributo di giovani volontari, figli di immigrati impegnati in orario pomeridiano, un corso di cucina italiana, un centro ascolto per coloro che spesso, vittime indifese di prepotenze familiari o di politiche sbagliate, subiscono violenza e soprusi. Lo sportello dell’ascolto risulta un momento molto delicato dell’accoglienza perché l’immigrato deve sentirsi a proprio agio per aprirsi liberamente e manifestare il proprio disagio, per questo è richiesta una sensibilità particolare da parte dell’ascoltatore e una tecnica certamente non basata sull’improvvisazione. Le loro storie sono di una tristezza profonda, dalla Libia regione da cui partono le imbarcazione di immigrati provenienti dalla Costa d’Avorio, Ruanda, Eritrea, giungono nella nostra isola deprivati di un’identità certificabile, spesso indebitati fino al collo per pagarsi il viaggio della speranza gli uomini o del tutto privati della libertà le donne, vittime di sfruttatori che le avviano alla prostituzione. Talvolta profughi o richiedenti asilo politico, trovano nel centro punti di riferimento solidi e sinceri.
Gli stagisti imparano in questi momenti le tecniche di ascolto e di comunicazione . In ogni caso la parola di conforto, il sostegno morale, offre un sollievo a chi crede che la vita si sia accanita inesorabilmente ,per questo il momento più forte emotivamente è lo sportello dell’ascolto . Il primo approccio con gli immigrati avviene allo sportello accoglienza, momento che consente agli operatori di comprendere i bisogni di natura materiale e psicologica. Mediante un tesseramento gli extracomunitari possono usufruire dei servizi e della distribuzione di derrate alimentari. In cambio di tutto questo e per favorire l’integrazione, il centro richiede agli immigrati che imparino la lingua italiana,la nostra cultura, l’educazione civica italiana.. Sin dalle prime ore del mattino la gente attende fuori dal portone le ore 9 per la prima colazione , servita da volontari, e per la registrazione. Tanta speranza ma anche tanta illusione quella di poter trovare tempestivamente una sistemazione. Tanta gente di colore, ma in loro mi è sembrato di vedere un volto solo, un solo sguardo, tanta tristezza e nei loro occhi molta diffidenza, i più non comprendono la nostra lingua, e spesso occorre l’intervento dei mediatori culturali, sempre presenti, per decifrarne i bisogni. In questi casi accennare un sorriso li rincuora, offrire loro una semplice caramella è sufficiente a vedere un largo sorriso sui loro volti.
Sperano in un lavoro, ma il Centro non si presenta al pubblico come agenzia di lavoro bensì raccoglie richieste dai datori di lavoro per offrirle agli extracomunitari i quali dopo aver provato tutto, gli stenti, la fame , la perdita della loro identità, l’allontanamento dagli affetti, dai loro costumi dalla loro patria sono pronti adesso a rimettersi in gioco. Purtroppo non sempre comprendono e ai mediatori risulta difficile spiegarlo, che le richieste dei datori non sono rivolte agli africani, ai mauriziani,in quanto di colore, o ai rumeni, che il loro colore della pelle in un caso o il comportamento poco civile nell’altro, chiude le porte al lavoro. Purtroppo , ancora oggi nel 2010, si vive radicati in tali pregiudizi, i Siciliani non sembrano gradirli, nelle loro case preferiscono tutt’al più gli indiani che appaiono una comunità più compatta , più organizzata, più civile ,più progredita. E su di loro tranne per qualche fortunato, il peso di un destino avverso continua inesorabilmente a farsi sentire