La dimensione estetica del rito e la sensibilità femminile
(Valeria Trapani)
Già pubblicato in “ la Vita di cristo”
VIII 20O9
In questo contesto la storia recente e l’attuale situazione ecclesiale ci testimoniano che le donne svolgono un servizio prezioso, che esse spesso più degli uomini sono state investite della cura della liturgia in questa dimensione che è essenzialmente estetica, ma non banalmente esteriore. Alle donne è stata sempre riconosciuta infatti, una naturale propensione alla cura del tempio, in quanto prolungamento del compito a lei spettante della cura del focolare domestico. E se oggi questo dato è stato fortemente messo in crisi dalla società contemporanea che propone modelli di donna androgini nel corpo e nelle funzioni, insieme al positivo affermarsi delle donne nel mondo lavorativo che lascia loro meno spazio per i compiti casalinghi tradizionalmente attribuitigli, rimane invariata la qualità del servizio liturgico che le donne svolgono per la realizzazione del bello nella liturgia. A dispetto infatti del modo forse un po’ materiale in cui tale servizio veniva svolto nel passato preconciliare, oggi le donne prestano la loro diaconia per l’edificazione della dimensione estetica della liturgia alla luce di un rinnovato senso ecclesiale che le vede protagoniste di un servizio posto alla stessa stregua di tutti gli altri ministeri esercitati a favore della celebrazione. Inoltre, l’accento posto dal Concilio Vaticano II sulla necessità di formazione liturgica a tutti i livelli (SC 14-19), dal ministro ordinato ai laici, per il fruttuoso svolgimento di qualunque ministerialità liturgica, ha fatto sì che le donne oggi abbiano acquisito piena consapevolezza dello spessore teologico e liturgico dei servizi ordinati al decoro del tempio. È stata abbandonata così in modo definitivo l’idea che questo ruolo fosse di secondaria importanza rispetto a quei ministeri il cui svolgimento avviene nel corso dell’azione liturgica piuttosto che in preparazione ad essa.
La creazione di addobbi floreali, la realizzazione sartoriale di tovaglie d’altare, paramenti e quanto di affine, accanto all’ideazione di segni esplicativi della celebrazione da porre nei pressi dell’altare, se non appannaggio esclusivo delle donne (poiché anche uomini se ne occupano), viene allora sovente affidata alle donne in quanto le si considera maggiormente affini alla cura estetica della celebrazione.
Questo dato di fatto può costituire certamente motivo di orgoglio per l’universo femminile, ma questo non deve impedire l’insorgenza di alcuni rischi che potrebbero compromettere la qualità del servizio svolto. Primo tra tutti il pericolo per la donna di sentirsi unica depositaria e custode del senso estetico della celebrazione, dimenticando invece la linea di fondo che guida la nostra rubrica che vuole vedere nella piena collaborazione tra uomo e donna i frutti fecondi per il servizio liturgico ed ecclesiale in senso più ampio. Se infatti il monopolio di una ministerialità tanto variegata quanto importante per via della simbolicità del rito, espone al pericolo di depauperare di una completezza di vedute la dinamica della celebrazione, sul versante opposto può divenire quasi come un recinto in cui la donna può facilmente rimanere ingabbiata. Ciò la limiterebbe nella possibilità di vedersi riconosciute altre ministerialità liturgiche, altrettanto importanti ma certamente differenti, mentre la cura del tempio e di ogni altra modalità espressiva della bellezza del Mistero non è che un aspetto del servizio che le donne svolgono nella chiesa.
Nel binomio liturgia e bellezza dunque, teso a rendere manifesta l’impenetrabile profondità del mistero, le donne devono continuare a svolgere la loro diaconia con competenza e consapevolezza dello spessore del loro ruolo, ma in piena sintonia e collaborazione con tutti gli altri ministri, perché l’essere donna nella chiesa rimanga tratto distintivo ma non dissociante.