La ballata dei morti viventi

Et tumulum facite, et tumulo superaddite carmen
VIRG., Egl. V, 42.

(Carmelo Fucarino)

Tu cantavi, Pindemonte,
“… e il mar Sicano
Solcai non una volta, e a quando a quando
Con pié leggier dalla mia fida barca
Mi lanciava in quell’isola, ove Ulisse
Trovò i Ciclopi, io donne oneste e belle”.
Eppure Ippolito a Palermo
celebre è solo la tua strada
per la casa dei matti
e ormai rari e di tarda età
si ricordano il triste avvio,
“Musa, quell’uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Ilïòn le sacre torri”.
In quei giorni lungo il Cassaro
l’amoroso struscio in carrozza
di dame mascherate e cavalieri
i passi di Goethe corrusco
dietro gli inganni
di Faust e Margherita
e le ruote ovattate dai rifiuti.
E anche tu un giorno passasti
e scendesti nelle case dell’Ade.
E cantavi
“Che dirò delle tue, Sicilia cara,
profonde Sale Sepolcrali, dove
Co’ morti a dimorar scendono i vivi?”
E lo stupore e la trepida forza
ti vinse nel luogo del pianto,
il sommesso colloquio coi morti
“Ma cosa forse più ammiranda e forte
Colà m’apparve: spazïose, oscure
Stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
Simulacri diritti, intorno vanno
Corpi d’anima vôti, e con que’ panni
Tuttora, in cui l’aura spirar fur visti”.
Ancora tu non c’eri
nel milleottocentodue,
piccola maestosa Rosalia,
o bella addormentata,
che esaltano i dark
sulle guide turistiche
mummia più bella del mondo.
Fra gli appesi negli orridi stalli
sfila la nobile schiera
il gesuita che raccolse
corone di siculi poeti
il pallido Balcescu roso dalla tisi
che libertà va cercando
e lo scultore degli angeli
il vescovo e il chirurgo
e il rampollo del regno tunisino.
Nei corridoi profanati
da lampade elettriche
surreali e spiazzanti
fra i flash proibiti
del Turismo di massa.
Che chiacchierio di notte
il brusio degli ottomila
con i cartelli al collo
quando le sale riposano mute.
“Sovra i muscoli morti e su la pelle
Così l’arte sudò, così caccionne
Fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
Non che le carni loro, serbano i volti
Dopo cent’anni e più: Morte li guarda,
E in tema par d’aver fallito i colpi”.
Arcana inquieta sonorità
sotterranea musica underground
sulla soglia dell’aldilà
tra bellezza e orrore
nel sito dei morti viventi,
tu piccola e vecchia
di novantadue anni
eterno sorriso scolpito
sulle rosee guance
i biondi ciuffetti
raccolti dal giallo fiocchetto.
Quali segreti scambi
quali sussurri nella notte
sulle palpebre chiuse
sulle labbra fiorite di rugiada.
Lo scandalo eterno
Della morte profanata
Dell’eterno riposo
Irriso dai curiosi.
Un tempo i sussurri tornavano
Con preghiere e ceri e sospiri
Mentre la curiosa folla dei flash
Ride e commenta
E addita vesti e ciabatte
L’estrema profanazione della morte.
Povera Rosalia
riccioli d’oro visino di rosa
fissa in quell’attimo
che ti colse inatteso
margherita anzitempo recisa
dalla gelida folata
che bruciò labbra e polmoni
in quel mesto sei dicembre
millenovecentoventi,
giorno sacro a san Nicola di Bari.
Lì profanata nell’urna scoperta
Oggi e domani
forse per sempre
dallo stupore di occhi indiscreti.
O l’orrore l’orrore
Di una bimba senza pace
Per la condanna
Dell’ultimo imbalsamatore,
che giace in una fossa comune.
Ora ti aspetta la tac
Di geniali scopritori
Della biotecnica.

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