La serata balletto al Massimo. Coppelia
(Carmelo Fucarino)
Quella che aveva tutti i presupposti per essere una serata d’onore per la prima del balletto al Massimo, non si sa perché, si è svolta in sottotono con alcuni posti vuoti. C’è stato qualche applauso più sostenuto in pochi momenti, ma niente di più, neppure una timida richiesta finale di bis. E dire che era stata evitata la programmata fatidica data del 17.
Gli ingredienti per il pienone c’erano tutti, con una serie di sorprendenti richiami e coincidenze. Il balletto pantomimico Coppélia, ou la Fille aux Yeux d’Email (La ragazza dagli occhi di smalto, dal racconto “Der Sandmann” di E. T. A. Hoffmann) di Léo Delibes (1836 – 1891) fu dato a Parigi il 25 maggio 1870 e interrotto dalla guerra franco-prussiana e dall’assedio. Una curiosità, il ruolo di Frantz fu interpretato dalla danzatrice Eugénie Fiocre en travesti. Oggi è il balletto più famoso e rappresentato, il più spettacolare e avvincente, sempre in cartellone all’Opera di Parigi. C’era il magico e armonioso Luigi Canino, assistente del coreografo e danzatore Roland Petit la cui rivoluzionaria versione del 1975, dove egli interpretava Coppelius, ha voluto riprendere, dopo i successi di Tokio. Omaggio a Petit: è stato lui a scoprire e lanciare nel suo Ballet de Marseille a 13 anni Eleonora Abbagnato e a portarla in tournée da Marseille a Paris nel ruolo di Aurora bambina nella sua La bella addormentata. Obbligato l’allestimento del suo Pigmalione per il ritorno al Massimo, ora da étoile dell’Opéra di Parigi, amata dai Palermitani, ricambiati da lei che ha fermamente voluto il ciclo di spettacoli siciliani a Pergusa e a Palermo. Eppure le danze corali, gli en tournant e la partnership, i singoli passi sono stati perfetti. Intensamente emotiva è stata la mazurka nel preludio e nella ripresa, applausi frenetici al celebre ballo con la Coppelia meccanica. Forse le scenografie di Ezio Frigerio, pur se da edizioni internazionali, al teatro di Essen e di Tokyo, erano troppa fredda e anonima caserma, una piazza austriaca bigia e funerea, forse i costumi da impero asburgico dei militari non trascinavano granché. Eppure si intrecciava l’originale frenesia di tutte le danze folkloristiche slave ed occidentali, dalla mazurka alla czarda per la prima volta in un balletto, tanti valzer, quello bellissimo della bambola, lo spagnolo bolero, la giga, la marcia, l’imeneo classico delle nozze, il galoppo finale. L’allegria della nuova era, sconfitto il romanticismo triste di elfi e incantesimi. In questo ordito musicale i miracoli di una danza allegra e frenetica e la perfezione stilistica della musica di Marzio Conti. Perché questa mancanza di entusiasmo e di trascinamento del pubblico?