Le chiese mute di Palermo
(Patrizia Lipani)
Più volte nel corso degli anni mi è capitato di guidare, presso la Chiesa della Gancia, gruppi di fedeli, in particolari giornate commemorative, o gruppi di semplici turisti in visita, alla riscoperta del vecchio edificio sacro, attraverso la ricostruzione della sua storia e dei suoi tesori artistici. Sulla chiesa esiste una breve pubblicazione del Convento dei Frati Minori, da me curata, in periodo postuniversitario, come approfondimento della tesi di laurea, dal titolo “ La Gancia, Chiesa Santa Maria degli Angeli a Palermo” (con nota introduttiva di Maria Concetta di Natale e foto di Vincenzo Brai),che senza nessuna pretesa, vuole ripercorrere, attraverso studi e ricerche su antichi manoscritti del cinquecento e settecento, il cammino storico artistico dell’attuale costruzione. L’antica chiesa tardo quattrocentesca, purtroppo,così come tanti altri edifici sacri cittadini, non riesce da sola a soddisfare la curiosità di coloro che per la prima volta, si accostano all’edificio e sperano di trovare le giuste indicazioni delle opere d’arte, inserite in un percorso di conoscenza specifica della chiesa stessa.
Dio parla attraverso le Sue opere e attraverso ciò che Egli ispira all’uomo e quindi anche attraverso l’arte, ma in tale contesto la chiesa muta e silenziosa nella sua fruizione immediata, non riesce a svelare i suoi tesori nascosti, a dare indicazioni precise sugli autori delle opere e sulle indicazioni cronologiche. Della storia, delle traversie,dei crolli del soffitto,delle successive ricostruzioni,del suo splendore originario, del suo meraviglioso passato, dell’originaria ricchezza scultorea, non vi è traccia evidente, rimangono ormai nell’ aspetto originario, solo poche creazioni di artisti famosi.Campeggiano invece, gli interventi di ristrutturazione neoclassica, i continui rimaneggiamenti, frammisti a opere di epoca diversa, e su tutto l’impronta inesorabile del tempo che passa , che tutto trasforma.
Infatti non a tutti sono noti : l’intervento scultoreo di A. Gagini nel pulpito marmoreo e nei due tondi dell’Angelo e dell’Annunziata; gli stucchi di Serpotta; la tavola della Madonna di Monserrato di Antonello Crescenzio; la tela del San Pietro d’Alcantara di Pietro Novelli; e ancora la tela di S.Francesco di Giuseppe Salerno detto lo Zoppo di Ganci, le tavole dello Sposalizio, della Natività, e dei Profeti di Vincenzo da Pavia; e ancora gli affreschi del messinese Tancredi e del palermitano Grano; e così pure l’organo seicentesco di Raffaele della Valle e il decorato coro ligneo d’età rinascimentale ormai smembrato, il soffitto più volte restaurato prima da Gaspare Guercio e poi da Venanzio Marvuglia, per non parlare dei deliziosi marmi mischi, opere di maestranze palermitane, o le decorazioni in oro e filigrana all’interno dei tabernacoli. In questa nostra terra isolana, nella terra che spesso appare di nessuno, sembra non esserci la volontà da parte degli Enti preposti di valorizzare i nostri piccoli tesori d’arte.
Ma per valorizzare bisogna conoscere, conoscere per apprezzare, amare, rispettare. Ma quando tali premesse non vi sono, come si può sperare di salvaguardare ciò che ci appartiene!
Cominciamo a dare un senso alle nostre opere artistiche, lasciamo che esse parlino ai numerosi visitatori, ai turisti “per caso”, attraverso le dovute indicazioni che ogni opera d’arte dovrebbe avere, e che ogni turista esige che ci siano, come in tutti i paesi dell’Europa, sì da porre l’opera d’arte a servizio della Parola di Dio.