Tra sogno e realtà
Mostra permanente al Castello Utveggio
(di Rosa Maria Ponte)
Ricordo con emozione e viva sorpresa quella sera che Padre Ennio Pintacuda, allora presidente del CERISDI, durante una mia mostra a Prizzi, che egli stesso aveva inaugurato, mi chiese se volevo che alcuni miei quadri facessero parte di una collezione permanente di pittori siciliani che egli stesso aveva promosso presso le sale del Castello Utveggio. Dicevo con emozione e sorpresa, perché oltre ad essere il Castello Utveggio uno dei luoghi più prestigiosi dove un artista possa ambire di esporre le sue opere, è anche un posto per me intimamente legato con i ricordi e le fantasie della mia infanzia. Naturalmente ho accettato con entusiasmo, ringraziando Padre Ennio Pintacuda per la stima che riponeva in me e l’apprezzamento per le mie opere. Dopo poco tempo ho avuto l’onore di vedere cinque miei quadri, corredati da targhette le cui dediche testimoniano l’amore con cui sono stati donati, presso la Saletta delle Riunioni che si trova al primo piano di fronte alla stanza del Presidente. Darò una breve descrizione di essi perché, si sa, i quadri è meglio vederli di persona. La mia tecnica é olio su tela e alcuni di essi in certi particolari sono stati trattati con cere argentate e dorate. La tela intitolata “Gerusalemme” mostra una visione notturna della città con la celebre Moschea della Spianata e una donna pensosa sotto un porticato. I colori tendenti all’azzurro caratterizzano molti dei miei quadri. “Elsinore”, il castello di Amleto, è stato dipinto sui ricordi e le impressioni di un mio viaggio a Copenaghen. Molti dei miei quadri prendono spunto da visite fatte ai luoghi da cui hanno tratto ispirazione e in particolare da viaggi in Oriente e, come scrive Anna Maria Ruta, “un Oriente realmente amato e conosciuto ma rivisitato con le tinte della memoria”. “Il relitto” e “Dalie” fanno parte di quelle mie opere ispirate alla natura ed esprimono, attraverso l’evanescenza di un sogno, velati simbolismi.
“Primavera”, un gioco di luci e un’esplosione di colori, ci coinvolge nella piena vitalità di una Natura che rinasce e ci immerge in un cinguettio assordante di uccelli, invisibili nella tela, nei ricordi di primavere trascorse. Così erano quei mattini dei primi di maggio quando tutto cambia, la natura cambia e anche i vestiti si fanno più leggeri come me, piena di emozione e allegria per la mia prima gita in macchina, una Topolino verde, guidata da mio zio che portava noi bambini verso il Castello Utveggio. Tante volte ci aveva raccontato del Castello e del suo costruttore Michele Utveggio, che era stato amico e compaesano del nonno anch’egli costruttore e con cui spesso aveva parlato di questo suo sogno, costruire un castello sul monte Pellegrino, dove i palermitani avrebbero potuto trascorrere liete ore nel grande bar ascoltando musica o pranzando nel ristorante con ai piedi il panorama di Palermo. Ora lo zio ci diceva, “non allontanatevi”, ma noi correvamo già nello spiazzo verso la costruzione abbandonata nella desolazione del dopoguerra.
Le grandi porte-finestre sbarrate da assi di legno proibivano l’accesso, ma eccitavano la mia curiosità. Cosi, lasciando i giochi col mio cuginetto e la mia piccola amica, correvo verso di loro e spiavo attraverso le assi sconnesse il mistero che stava al di là. Un raggio di luce danzante, sempre più forte, diventava un grande lampadario di cristallo che illuminava il salone di luce abbagliante . E quante signore in abiti anni Trenta e signori in nero e tintinnio di cristalli e musica! Ma questo solo per un attimo, poi il lampadario diventava un raggio di luce dove pagliuzze d’oro danzavano.