Lo scultore norvegese Vigeland e il grande Parco di Oslo
(di Giovanni Vecchio – Lions Club Acireale)
Assoluta nudità in armonia con la natura
Sono passati 140 anni dalla nascita di Adolf Gustav Vigeland, che ha legato la sua fama internazionale al grande Parco di Oslo che oggi porta il suo nome e che contiene 214 sculture con un totale di 758 figure, tutte modellate da lui. Un intreccio di spazi, forme umane nella più assoluta nudità, fiori, alberi ed acque che creano un risultato d’insieme maestoso e suggestivo, in armonia con la natura.
Vigeland era nato a Mandal, una piccola città nel Sud della Norvegia, l’11 aprile 1869 e sin da piccolo dal padre maestro falegname acquisì l’arte dell’intarsio e si esercitò nel disegno. Ebbe un’educazione rigidamente pietistica, che nel corso della sua vita rigettò negli aspetti più formali mantenendo tuttavia una visione spirituale della vita e la consapevolezza della multiformità della natura umana.
A 15 anni iniziò l’apprendistato come scultore del legno. Studiò molto, specialmente anatomia e letteratura greca classica, continuando a creare bozzetti di sculture.
Dopo un difficile periodo vissuto a Kristiania (l’antico nome di Oslo), si incontrò con lo scultore Brynjulf Bergslien, che lo accolse nel suo atelier e gli procurò alcune commesse da privati.
Nel 1889 debuttò all’Esposizione Statale d’Arte con l’opera “Hagar e Ismaele” e studiò disegno con il maestro scultore Mathias Skeibrok. Vinte delle borse di studio, tra il 1891 e il 1896 si recò più volte a Copenaghen (in quel periodo punto di riferimento culturale e scientifico dei paesi scandinavi), Parigi, Berlino e Firenze acquisendo esperienze di grande valore formativo al di fuori del mondo accademico. In particolare ebbe la possibilità di frequentare a Parigi lo studio dello scultore Auguste Rodin che contribuì al perfezionamento della rappresentazione della figura umana; in Italia ammirò l’arte antica e quella del Rinascimento.
Ed è questo il periodo in cui emergono con forza i temi che caratterizzeranno le sue opere: la vita e la morte e il rapporto tra l’uomo e la donna.Le sue prime mostre in Norvegia nel 1894 e nel 1896 riscossero l’approvazione dei critici. Tra il 1897 e il 1902 fu impegnato nel restauro della Cattedrale di Nidaros a Trondheim e si confrontò con l’arte medievale apportando nella sua produzione elementi nuovi di creatività artistica e simbolismi legati al peccato, ma anche alla forza della natura, in lotta contro l’uomo.
Rientrato ad Oslo nel periodo in cui la Norvegia conquistò l’indipendenza (1905) e intendeva esaltare la nazionalità, ebbe molte commissioni per busti e statue, tra le quali quelle del drammaturgo Henrik Ibsen e del matematico Niels Henrick Abel.
Nel 1906 espose un modellino in gesso su scala 1/5 di una fontana monumentale, che destò notevole attenzione e meraviglia. Realizzò quindi una serie di grandi gruppi in granito per collocarli accanto alla fontana e nel 1919 un’alta colonna anch’essa in granito.
Nel 1921 il Comune decise di abbattere la vecchia casa in cui c’era lo studio dello scultore per costruire una biblioteca e trovò un accordo con Vigeland: il Comune avrebbe costruito un nuovo edificio in cui lo scultore avrebbe potuto lavorare e in compenso alla sua morte nella stessa casa sarebbe stato ospitato un museo con le sue opere.
Il nuovo studio a poca distanza dal Parco Frogner, che era stato scelto dal Comune quale luogo definitivo dove collocare la monumentale fontana, consentì a Vigeland di dedicare il resto della sua vita alla progettazione, alla realizzazione e all’allestimento di tutta l’area del parco che doveva accogliere le sue sculture. Morì il 12 marzo 1943.
Appena si entra nel parco “il frastuono del convulso traffico cittadino si attutisce come per incanto fino a spegnersi”.
Superati i cinque grandi cancelli e i due cancelletti in ferro battuto, ci si inoltra nel parco verso il ponte, ad ogni angolo del quale si trova un gruppo in granito di sauri e uomini, mentre sulle ringhiere si trovano 58 figure e gruppi in bronzo, uomini e donne di tutte le età rappresentati nella loro totale nudità (1926-1933). Essi rappresentano giochi erotici e lotta, ma anche momenti lieti dell’amore.Oltre alla relazione consueta tra madre e figlio troviamo il tema meno diffuso nell’arte del rapporto tra padre e figlio. Alle figure realistiche si associano anche quelle simboliche.
Superato il ponte, c’è la fontana. I sei giganti portanti rappresentano l’uomo che fatica con i pesanti fardelli della vita. I venti gruppi di bronzo sul bordo della vasca (1906-1914) rappresentano una combinazione di uomini e alberi. Nella mitologia e nella religione l’albero simboleggia normalmente la rigenerazione e la vita eterna. L’idea di stadi della vita e del ciclo eterno è ripresa nei 60 rilievi in bronzo che circondano il bordo della vasca.
Raggiunta la piana del Monolite, su una monumentale scala circolare ci sono 36 gruppi in granito che rappresentano i cicli della vita, disposti a raggiera sugli scalini; su quello più alto vediamo un gruppo con tanti bambini dirimpetto ad un gruppo di morti. Fra questi due estremi sono presentati uomini e donne in situazioni tipiche e quotidiane. Al centro si trova una colonna coperta da 121 figure in alto rilievo, che Vigeland chiamò la Colonna dell’Umanità, ma essa ha assunto la denominazione di Monolite perché è stata scolpita in un solo blocco di granito. La salita delle figure, il movimento verticale, che si interrompe sui gruppi di granito disposti in cerchio, sembra rievocare l’aspirazione a qualcosa che va al di là dell’esistenza terrena, ma c’è chi vi ha visto un simbolo fallico. Il Parco Frogner dopo la morte del suo artefice fu denominato Parco Vigeland.
A poca distanza c’è il museo dove è possibile ammirare i lavori giovanili di Vigeland, i suoi ritratti ed i monumenti, oltre a centinaia di bozzetti plastici.
Indimenticabile